Alla Locanda del Notaio si respira un’aria intima e familiare dove la frenesia è meno accentuata, i tempi più diluiti e le persone, nella brigata, sono come parenti. Quando è diventata chef a tutti gli effetti nella sua cucina ha deciso che non avrebbe fatto gli errori che ha subito dai suoi predecessori: ad esempio non aver mai potuto sperimentare con la propria testa e portare le idee a una creazione culinaria. Cosa invece che permette ai suoi ragazzi, pochi e giovanissimi, che la rispettano e con lei si mettono a tavolino a discutere del nuovo menu: «mi piace dar loro una chance, del tempo per fare delle prove, per arrivare a dimostrarmi che quello che hanno in mente è poi fattibile, facendomi ricredere nella prova gustativa». Si dimostrano attivi sia a livello di pensiero che a livello di tecnica e questo è per la chef uno stimolo pulsante.
Tecniche e conoscenza della materia prima e poi tanta sperimentazione: «Non mi piace molto leggere i libri di ricette degli altri perché comunque ne rimarrei influenzata, preferisco invece creare ex novo. Con i ragazzi passiamo le giornate a sperimentare i nuovi piatti, ad esempio l’anno scorso un’idea che avevo in mente non riuscivamo a realizzarla, erano le Tagliatelle di liquirizia con lavarello e fave e la crema di burrata. Non c’era verso di renderlo equilibrato nei sapori, era piatto e non c’era un elemento principe: allora abbiamo deciso di affumicare il lavarello e quella è stata la chiave segreta per creare un piatto armonico, pronto da mettere in carta». La sperimentazione è sempre contenuta, mai azzardata perché la clientela è straniera e vuole ritrovare i sapori “italiani”. La carta della Locanda comprende vari menu al suo interno di cucina creativa ma anche accondiscendenti alle preferenze per la tradizione territoriale, seppure mantenendo la vena briosa e originale che contraddistingue Sara.
Un punto fermo che da sempre appartiene alla sua personale cucina è l’utilizzo degli ingredienti di stagione nel rispetto della natura e dei tempi di maturazione che ci sono in quella zona e a quell’altitudine. Di facile reperibilità: dalle noci alle verze, dalla selvaggina al formaggio, dal pesce di lago alle pere e mele per le confetture. Nella fase di creazione, gli accostamenti avvengono a livello mnemonico, di ricordo sensoriale e poi vengono messi in atto in modo da verificare se vanno bene per trovare l’equilibrio. Dagli amuse bouche fino ai secondi in ogni singola presentazione c’è la presenza di un elemento protagonista dal gusto spiccato, che sia la salicornia o un formaggio della valle, le animelle o il cinghiale, o ancora un ripieno di brasato e pecorino per i ravioli. Le creazioni di Sara rispecchiano la sua fermezza e grinta ma anche la delicatezza e femminilità: ogni sapore non eccede ma è armonizzato con quelli a lui accostati e l’intesa tra l’attore principale e quelli secondari è studiata e consolidata.
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