Jacopo Ricci e Piero Drago

Come dovrebbe accadere per le coppie di chef, questa è una biografia a due. Due strade che partono dallo stesso punto, si allontanano, si sfiorano e poi si legano.
Jacopa non urla con cartelli e manifesti all’ingresso. A malapena si riesce a trovare, incastonato com’è in una delle vie meno battute di Trastevere. Ma Jacopa, il ristorante che si immerge di diritto nell’Olimpo della nuova ristorazione romana, è un indirizzo che, a distanza di nemmeno un anno, è riuscito ad attrarre persone, a divertire, a coccolare. In una città piuttosto statica come Roma, che vive di passato e compromessi. Da Jacopa non ce ne sono: la cucina è quella che decidono Jacopo e Piero - a volte brutale, a volte elegante – ma sicuramente etica, tecnica, curata, di gusto e i vini proposti in abbinamento sono quasi tutti naturali. Piaccia o meno, è scelta di coraggio.
Non si entra in un ristorante, si entra in un ristorante d’albergo, nell'
Hotel San Francesco di Roma. E questo è molto importante, perché la ristorazione alberghiera è da sempre relegata ai tavoli tovagliati e un servizio inutilmente pomposo. «Abbiamo solo il 10% dei clienti che viene dall’hotel, mentre il resto da fuori, viene apposta per assaggiare la cucina del nostro ristorante» dice Daniele Frontoni, proprietario dell’hotel.
L’american bar all’ingresso serve drink piacevoli e la novità di inserire lo specialty coffee è un surplus quasi unico. Quasi da nessuna parte si trovano quegli ottimi caffè, poco tostati, preparati con la
Chemex o in Cold Brew che tanto piacciono al resto d’Europa. Questa premessa per cercare di capire dove si incastra l’anima dei due attori principali, gli chef Jacopo e Piero, con quella del luogo che li ospita.

Tratto "Jacopo Ricci e Piero Drago" di Andrea Strafile, su IS N°36 
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