Non è dato sapere, purtroppo, se l’esito del sensuale rendez-vous magistralmente interpretato da Lucio Battisti nella sua indimenticabile “Dio mio no” sia stato condizionato o meno dal profumo del sugo che sobbolliva in attesa dell’arrivo della sua amata. Men che meno quanto, di quel profumo, sia stato artefice il soffritto alla base del sugo. Quel che è certo è che una rosolatura perfetta di cipolla, sedano e carota - la trimurti, l’imprescindibile triade divina alla base di ogni soffritto che si rispetti - può essere considerata, in cucina, una vera e propria forma di petting foriera di grandi performance.
Sbrigativamente indicato in molte ricette come mirepoix, il soffritto in realtà prende solo le mosse dalla storica ricetta francese, inventata dal duca Lévis-Mirepoix, in cui un trito di verdure - solitamente cipolla, sedano, carota e aglio - tagliate a cubetti di 5-6 millimetri, accompagnava originariamente carni e scarti di altre preparazioni alimentari. Per il resto, di quella ricetta, scissasi ai primi del ‘900 in due versioni - au maigre, composta da sole verdure, e au gras, composto misto di verdure e carne, solitamente di maiale come pancetta, prosciutto o lardo - sopravvive nel soffritto la mera tecnica di taglio - la mirepoix, appunto, oggi spesso ridotta in una più minuziosa brunoise - punto di partenza di preparazioni dai sapori decisi e immediatamente riconoscibili dal loro profumo come il ragù, lo spezzatino, l’amatriciana e spesso anche le minestre di legumi.
Per affrontare un soffritto bisogna dotarsi innanzitutto di molta calma, virtù dei forti e viatico indispensabile alla sua riuscita. Il rito prevede una fiamma medio-bassa, in modo tale che l’olio extravergine di oliva, o qualsiasi altro tipo di grasso utilizzato per fare da veicolo alle caratteristiche organolettiche delle verdure utilizzate, non diventi mai molto caldo trasformando fatalmente il soffritto in frittura. Il trito di verdure prescelte - cipolla, carota e sedano le fondamentali, ma c’è chi aggiunge l’aglio per la sua nota pungente e persistente, chi l’alloro e il rosmarino per il loro caratteristico profumo, chi le spezie come il pepe nero e il peperoncino per un twist determinante - deve appassire lentamente, sudare sino a diventare traslucido, facendo attenzione a mescolarlo spesso e a non dimenticare di aggiungergli un pizzico di sale che favorisce l’estrazione dei succhi e la concentrazione dei sapori. Il profumo che si sprigiona è il profumo casalingo della domenica mattina, l’italiana prima memoria di cucina, la promessa di un pranzo perfetto [...]
Estratto di "Il soffritto, o dell’arte della lentezza" di Danilo Giaffreda su ItaliaSquisita 52
Ph. Simone Prezioso
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