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Il pomodoro nella cucina italiana: La storia, parte I

La storia del pomodoro dalle origini: gli usi degli Aztechi, l'arrivo in Europa, l'oblio del '600 ed infine la scoperta culinaria del 1700.
Storia del pomodoro... Strano destino quello del pomodoro (Lycopersicon esculentum): originario del Messico e del Perù, e apprezzatissimo in patria - dove gli Inca e gli Aztechi lo chiamavano tomatl, cioè “pianta con frutto globoso, polpa succosa e numerosi semi” e lo consumavano ogni giorno -, una volta importato in Europa, all'incirca alla metà del XVI secolo, andò inizialmente incontro a un triste destino. Fu, infatti, considerato velenoso, esattamente come altre Solanacee, tipo la letale belladonna o la nuovissima (…per allora) patata. Il motivo è semplice: nessun “conquistatore”, nell’importare nuove piante in Europa, osservava quale uso ne facessero gli indigeni americani. Così, il nostro ortaggio prediletto ricevette il nome scientifico di Lycopersicon, ossia "frutto del lupo", e languì nei giardini e negli orti botanici per un paio di secoli. Considerato una gradevole pianta ornamentale, il pomodoro troneggiò nei giardini di Versailles, dove il Re Sole amava stupire gli amici mostrando quella pianta strana con i fiorellini gialli e le palline appese, che allora erano di colore giallo-aranciato. Proprio i frutti ispirarono il nome "pomo d'oro", attribuito dal padre della botanica italiana, Pietro Andrea Mattioli (1501-1577) che introdusse la denominazione mala aurea, tradotto letteralmente “pomo d’oro”. Alla bacca vennero anche attribuite proprietà afrodisiache, che ne suggerirono l’impiego in pozioni e filtri magici nel ’500 e ’600, tanto che nelle diverse lingue europee si ritrovano le espressioni: “love apple”, “Liebesapfel”, “pomme d'amour” o “pomme d'or”, e in Sicilia si esplicitava il riferimento con “pumu d’amuri”. Un successo crescente Quando finalmente l’ortaggio venne "riscoperto", il successo lo ripagò delle passate calunnie. In Meridione già alla fine del ‘500, con un secolo d'anticipo rispetto all'Europa continentale, si consumavano i pomodori crudi o fritti in olio di semi e sale o in minestre e zuppe. Nel resto d’Europa le cose cambiarono solo con le pestilenze e le carestie dei secoli XVII e XVIII quando, mancando il grano, anche i ricchi dovettero cercare alimenti alternativi. In Gran Bretagna e in Germania le bacche vennero utilizzate per preparare minestre dal sapore acidulo, mentre in Francia la corte dei re le impiegò per piatti “afrodisiaci”; nel Sud Italia divenne l’alimento base del popolo, ma sembra ci sia voluta la storica spedizione garibaldina dei Mille per diffondere l’ortaggio in tutta Italia.Risale agli inizi del ‘700 la prima tecnica di trasformazione in passata di pomodoro, attribuita alla Campania, e al 1762 la tecnica di conservazione in barattoli di vetro del vegetale fatto prima bollire. Alla fine del ‘700, la coltivazione a scopo alimentare conobbe un forte impulso: ne è documentata la presenza estensiva nella Francia meridionale, Spagna, Italia meridionale e soprattutto Sicilia, da dove il prodotto partiva per i mercati del Nord Europa.
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