Della tradizione contadina, Fabiana ha adottato nel suo progetto anche il senso dell’ospitalità: «La domenica al ristorante mi raggiunge tutta la mia famiglia: vengono mamma, papà, nonna, mia figlia Chiara, a cui il ristorante deve il suo nome. Per noi far sentire gli ospiti a casa è una priorità, nello stare a tavola il ruolo dell’accoglienza è la chiave che ti fa guardare un posto con occhi diversi». Nel racconto di Fabiana, tutto diventa un progetto, e come tale un percorso: ha cominciato a cucinare mentre frequentava il liceo classico, preparando i pasti per la sua bambina, e anche se poi ha avuto una formazione più tradizionale - l’Alma, il corso di Tecniche di base prima e quello Professionale poi; i periodi trascorsi nelle cucine dei vicini illustri come la Torre del Saracino di Gennaro Esposito e il Don Alfonso 1890 della famiglia Iaccarino - il traguardo è sempre mobile: «l’idea è di non fermarci a quello che siamo oggi: voglio continuare a frequentare degli stage per avere nuovi stimoli; questo mestiere ti tiene sempre con l’adrenalina e la voglia di provare cose nuove».
Chef
Faby Scarica, una cucina identitaria nel rispetto della tradizione
Fabiana “Faby” Scarica non ha ancora trent’anni ma ha il dono raro dell’eloquenza semplice - ha molte cose da dire, e lo fa in modo vivace e intelligente. Quando le chiedo di Villa Chiara - Orto e Cucina, che ha aperto nel 2015 a Vico Equense insieme al socio Arturo Scarfato, mi risponde con un sorriso nella voce: «Diciamo che è un percorso: aprire un’attività non è facile, e noi tra fischi e pernacchie cerchiamo di portarci a casa la giornata». Rido e le chiedo di spiegarmi l’espressione, che non conosco - anche se tutto sommato ne intuisco il significato. Ride anche lei, replica: «Insomma, vuol dire che una volta va bene, un’altra va male: Villa Chiara è un progetto complesso - ma si potrebbe dire anche completo».
LA STORIA
Gallery
LA CUCINA
Il - come chiamarlo? - sottotitolo “Orto e Cucina” indica che questo non è solo un ristorante: ci sono anche due ettari di terra, coltivati senza pesticidi e piantati in base alle esigenze del ristorante. La produzione dell’orto è il cuore degli ingredienti impiegati in cucina, poi c’è il resto della materia prima locale in questo angolo d’Italia così generoso da essere quasi un paese del Bengodi: «Il Provolone, la carne, il pesce azzurro dal mare su cui affacciamo… A noi piace essere coinvolti in prima persona dalla produzione alla trasformazione». La sua è una cucina identitaria, sia nel senso personale che nel senso della tradizione collettiva, e - come si dice - con i piedi ben piantati sulle nuvole: «Non dimentico l’aspetto pratico di un piatto: voglio vedere e sentire la sostanza». Come in un piatto che è diventato un classico istantaneo - una sorta di panoramica che restituisce tutto quello che lo sguardo coglie a 360 gradi intorno a questo luogo: «I Fusilloni di Gragnano con broccoli friarielli, croccante di alici e mandorle e limone candito, che sono un percorso in Campania dalla terra e al mare». O nell’utilizzo della lampuga, un pesce povero elevato da una cottura al vapore con arancia e polvere di mare. C’è spazio anche per la tradizione vera: una carta di piatti classici abbinati ad alcune proposte del giorno legate a ciò che offre l’orto: «Ora per esempio raccogliamo le scarole fresche e ci facciamo una zuppa con i fagioli, un piatto contadino».
(Tratto da "Talenti d'Italia" di Sara Porro, IS#26)
Il - come chiamarlo? - sottotitolo “Orto e Cucina” indica che questo non è solo un ristorante: ci sono anche due ettari di terra, coltivati senza pesticidi e piantati in base alle esigenze del ristorante. La produzione dell’orto è il cuore degli ingredienti impiegati in cucina, poi c’è il resto della materia prima locale in questo angolo d’Italia così generoso da essere quasi un paese del Bengodi: «Il Provolone, la carne, il pesce azzurro dal mare su cui affacciamo… A noi piace essere coinvolti in prima persona dalla produzione alla trasformazione». La sua è una cucina identitaria, sia nel senso personale che nel senso della tradizione collettiva, e - come si dice - con i piedi ben piantati sulle nuvole: «Non dimentico l’aspetto pratico di un piatto: voglio vedere e sentire la sostanza». Come in un piatto che è diventato un classico istantaneo - una sorta di panoramica che restituisce tutto quello che lo sguardo coglie a 360 gradi intorno a questo luogo: «I Fusilloni di Gragnano con broccoli friarielli, croccante di alici e mandorle e limone candito, che sono un percorso in Campania dalla terra e al mare». O nell’utilizzo della lampuga, un pesce povero elevato da una cottura al vapore con arancia e polvere di mare. C’è spazio anche per la tradizione vera: una carta di piatti classici abbinati ad alcune proposte del giorno legate a ciò che offre l’orto: «Ora per esempio raccogliamo le scarole fresche e ci facciamo una zuppa con i fagioli, un piatto contadino».
(Tratto da "Talenti d'Italia" di Sara Porro, IS#26)