Chef

Emergenti ed emersi: cinque grandi chef italiani

Il racconto di Luigi Cremona, esperto talent scout degli chef italiani, su cinque giovani grandi chef emersi.
Nicola Fossaceca, Stefano Ciotti, Antonia Klugmann, Vincenzo Candiano e Riccardo di Giacinto… Qualche anno fa erano davvero giovanissimi e sconosciuti ai più. Oggi sono apprezzati, premiati e alcuni di loro perfino stellati. Ecco il racconto dettagliato del bravissimo giornalista enogastronomico Luigi Cremona che li  segue da vicino nella loro evoluzione professionale, dal Nord al Sud passando per l’Italia intera. Cinque chef, cinque rivelazioni, cinque ragazzi che si sono distinti dalla confusione di fuochi, pentole e fornelli, che sono “emersi” da quel denso e selettivo mondo dell’alta gastronomia. Perché in Italia la cucina è faccenda più che seria e loro hanno dimostrato di essere all’altezza delle aspettative. Cinque chef che hanno partecipato alle passate edizioni del “Premio Miglior Chef Emergente” e che in questi anni continuano a emergere per bravura e determinazione. Devono tutto alla loro caparbietà, al loro talento, alla forza, alla passione che mettono ogni giorno in ciò che fanno. E noi non possiamo che esser fieri di aver fatto parte del loro percorso, di averci visto lungo e di assistere da qui alla loro rapida ascesa. Nicola Fossaceca, abruzzese e innamorato del suo mare d’Abruzzo, di cui dalla sua cucina a pochi passi dalla spiaggia di San Salvo può percepirne l’odore acre. Nel 2009 vince il “Premio Miglior Chef Emergente del Centro Italia” con il suo Baccalà candito all’olio extravergine d’oliva, panecotto, olive e basilico e la Triglia in scapece espressa piatto che, ancora oggi, è paradigma della sua cucina, una cucina che affonda nelle preparazioni tradizionali tipiche delle coste abruzzesi e si nutre di territorio e creatività. Al “Metrò”, il suo ristorante, che divide ancora oggi l’ingresso con la pasticceria voluta dai suoi genitori alla fine degli anni ’70, Nicola arriva giovanissimo reimpostando ogni cosa dal 2002, anno in cui folgorato da una cena da un grande d’abruzzo, Niko Romito, chef e Patron del “Reale” di Rivisondoli (ora a “Casadonna”, Castel di Sangro, ndr) si palesò nell’immediata intuizione che, al “Metrò”, tutto doveva essere cambiato per dare forma a una cucina in grado di lasciare davvero il segno. E Nicola ce l’ha fatta. Come d’altronde ce l’ha fatta Stefano Ciotti, classe ’73, da poco premiato con la sua prima stella Michelin dopo una serie di esperienze lavorative che lo hanno visto al fianco di gradi chef come Don Alfonso Iaccarino e Gianfranco Vissani. Dal 2009 è alla guida del ristorante “Vicolo S. Lucia” dell’ Hotel “Carducci 76” di Cattolica, anno in cui vinse come “Miglior Chef Emergente del Nord” con due piatti eccezionali: la Rana pescatrice in potacchio, guanciale di mora romagnola e patate e le Tagliatelle di seppia al limone candito, zuppa d’olio extravergine di oliva e vongole, boulgurr al nero. Sulla sua strada ha giocato un ruolo rilevante la cucina materna fatta di sapori sinceri, genuinità ed autenticità: una sorta di punto cardinale che fa tutt’uno con l’innegabile bagaglio che è la memoria dei profumi e dei gusti di bambino. Quella memoria rivive negli ingredienti del territorio, nelle loro combinazioni, plasmata dal sapere tecnico accumulato accanto ai maestri e mixata dal profumo delle spezie portate a casa dai viaggi all’estero. Ne deriva una pulizia formale del gusto e sostanza senza inutili orpelli. Uno stile di cucina che ha premiato Ciotti e che lui stesso vive con grande modestia, convinto che i migliori risultati si facciano quando tra i collaboratori si fa gioco di squadra, quando in ogni piatto c’è il contributo di ciascuno. Nei quattro finalisti di quel famoso 2009 c’era anche Antonia Klugmann per il ristorante “Foledor Conte Lovaria”, residenza “Villa Lovaria”, Pavia di Udine, che inizia da quell’anno ad essere recensito dalle guide gastronomiche più importati d’Italia. Antonia entra nel mondo della gastronomia mentre era ancora iscritta all’Università di Milano. Decide infatti di frequentare i corsi di cucina e di pasticceria della scuola Altopalato per poi preferire alla carriera d’avvocato quella di chef. La cucina di Antonia è legata alla tradizione del luogo, ma anche ai ricordi personali, alle materie prime e agli ingredienti. Si tratta di una ricerca costante di nuovi accostamenti e sensazioni, ma non di una rivisitazione della tradizione, piuttosto di un’attenzione sulla materia prima quasi maniacale. Fondamentale per lei sono la stagionalità e l’elemento vegetale: elementi fondanti della creazione dei suoi piatti. Dal 30 settembre 2011 Antonia si è trasferita per alcuni mesi al “Ridotto” di Venezia, ma nella tarda primavera 2012 si metterà di nuovo ai fornelli di “casa” all’Argine di Vencò di Dolegna del Collio, a ridosso del confine con la Slovenia. Ma facciamo un salto indietro, cambiando radicalmente scenari, sapori ed atmosfere. Scendiamo in Campania e torniamo indietro con la mente fino al maggio 2008, in quel di Napoli. Anno in cui Vincenzo Candiano della “Locanda Don Serafino” di Ragusa di Ibla, risultò il “Miglior Chef Emergente del Sud” e fu premiato da Gualtiero Marchesi in persona dopo aver conquistato la giuria presieduta da Lamberto Sposini con la sua "Colazione siciliana", ovvero con una Grattarella al limone, brioche e sandwich di sgombro leggermente affumicato al timo, limoncino e frollino ragusano. Nello stesso anno lo toccò la sua prima prestigiosa stella Michelin che continua brillare. Vincenzo ha sempre creduto nella ricchezza della sua terra. Usa quasi esclusivamente materie made in Sicily elaborando piatti regionali per gusto ma contemporanei per estetica e concettualità. Poco più che ventenne, ribellandosi al motto siculo ”cu n’esce, riesce” (chi se ne va, ce la fa), non si lascia sfuggire la possibilità di collaborare con una struttura di charme sorta in quegli anni a Ragusa dal recupero dei magazzini dell'antica Chiesa dei Miracoli, nel cuore di Ragusa Ibla, città simbolo del barocco siciliano, oggi esempio di charme, comfort e raffinatezza. Stesso anno, stavolta nel Centro, arriva in finale un altro giovane promettente, un cuoco giovane ed artigiano con tanta passione per il proprio mestiere: Riccardo Di Giacinto. Ora ha 34 anni, è stellato e dall’aprile 2007 è chef e proprietario dell’elegante ristorante “All’Oro” nell’esclusivo quartiere romano dei Parioli. Il giovane ha alle spalle già grandi collaborazioni con chef rinomati quali Marco Pierre White, Ferran Adrià, Alfonso Iaccarino e Marco Dilani. Quattro anni in Inghilterra, altri quattro in Spagna, uno in Cina. Tante esperienze che gli consentono di capire il mestiere e di personalizzarlo. Tante tecniche e tanti modi di gestire e di organizzare cucina e personale. Ma soprattutto tanti spunti per sempre nuove combinazioni tra i profumi del mondo ed i prodotti che il nostro paese offre in abbondanza. Oggi è Roma la sua casa che, con il supporto della compagna Ramona e della cognata Melina, è considerata un promettente punto di riferimento della ristorazione capitolina.
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