Dolci senza tempo

Anche se mangiato con posate d’argento un tiramisù resta un tiramisù, classico è qualcosa che piaceva e che continua a piacere. Certi dessert non sono mai passati di moda. Può cambiare la forma ma la sostanza non arretra.
Il fine dining del presente è il frutto di decenni di avanguardie che si sono sovrapposte le une alle altre. Nouvelle Cuisine, cucina molecolare, foraging scandinavo, fermentazioni...
È
“classico” allora quello che ha saputo resistere a tutte le bordate degli ultimi cinquant’anni di storia della gastronomia e della pasticceria? E come ha fatto a resistere?

Esiste una raccolta di saggi scritti da
Italo Calvino intitolata
Perché leggere i classici; questa si apre con una proposta di definizione: quattordici punti per descrivere quattordici caratteristiche di un classico. L’ultimo punto recita: “è classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona.” Certo, l’autore parla di classici della letteratura, e ItaliaSquisita parla di cucina e di pasticceria, perché se nell’universo delle cose che si mangiano esiste un angolo dove il segno della classicità è ancora marcato è proprio questo: la pasticceria.

La storica zuppa inglese di Massimo Bottura, il Tiramisud deI Luogo di Aimo e Nadia, la piccola pasticceria “adriatica” di Nikita Sergeev e di Mauro Uliassi, sempre di Uliassi il Senigallia- Brest, i Profiteroles al cioccolato di Enrico Crippa, il Tiramisù di Valeria Piccini, la Millefoglie di Perbellini e dei fratelli Cerea, la pastiera di Cannavacciuolo. Il dessert classico non passa di moda anzi, ritorna anche là dove era stato messo in discussione.


Anteprima di Dolci senza tempo di Francesco Morresi su ItaliaSquisita 47
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