Da Imàgo il pane cambia forma e si trasforma in un nettare goloso

Andrea Antonini, Executive Chef dell'Imàgo, studiando il processo chimico dell’amilasi ha trasformato il pane in una golosa marmellata che alla vista ricorda il miele.
Imàgo, al sesto piano dell’Hotel Hassler di Roma, è un luogo magico, vuoi per l’impagabile vista su Roma, vuoi per la posizione a picco su Trinità dei Monti, per l’eleganza accogliente della sala e la raffinatezza del servizio e della cantina. Vuoi, infine e insieme in primis, per la creatività esuberante dell’Executive chef Andrea Antonini, alla perenne ricerca del nuovo: “Mai fermarsi” è il suo motto preferito, che applica alla vita, alla cucina, alla conoscenza, alla formazione.

Non stupisce quindi che, ogni sera, vedendo a fine servizio il pane non consumato, e forte di una consapevolezza che lo ha portato negli anni a scelte coerenti che privilegiano la materia prima, la ricerca accurata dei fornitori e il rispetto per il cibo come concetto in sé, abbia deciso di studiare una soluzione per ridurre questo spreco.

E lo ha fatto “alla Antonini”: mettendosi a studiare il processo chimico dell’amilasi,  attraverso il quale gli enzimi scindono gli amidi, trasformando il pane in una golosa marmellata che alla vista ricorda il miele. Caratterizzato da una spiccata nota di caramello e da una dolcezza molto naturale, vede - come chiusura di sapori - quello dell’anice stellato che, aggiunto alla preparazione, dona freschezza. Un nettare trasparente e brillante, profumato, goloso e sorprendentemente buono. Ricorda il pane, ricorda le caramelle mou dell’infanzia, ma non è stucchevole, non stanca. Inoltre, durante il processo di trasformazione non sono stati aggiunti zuccheri: è quindi perfetto per essere degustato in versione dolce o, come nel menu attualmente in carta, con il classico abbinamento burro salato e pane.

«È importantissimo – afferma Andrea Antonini - per me e per l’Imàgo poter porre un’attenzione continua anche a tutti gli aspetti che vanno oltre la proposta fine dining. Per una questione di controllo dei costi, ovviamente, ma soprattutto per una filosofia che pone l’alimento, la materia prima in cima a tutto. Essere un ristorante fine dining, all’interno di un hotel di lusso, non implica che si debba dare per scontata l’importanza del cibo. E vedere, a fine servizio, il pane non consumato che per ovvie ragioni non può essere servito la sera dopo, mi ha fatto scattare l’idea di provare a riciclarlo, a trasformarlo. In qualcosa – all’inizio non sapevo nemmeno bene in cosa – di ugualmente raffinato e buonissimo, in linea con Imàgo e la mia cucina».

Il cerchio – concettuale e pratico - si chiude quando gli ospiti di Imàgo scoprono, grazie alla complicità di sala nella spiegazione esauriente e mai invasiva, la storia che si cela dietro a quello che sembra apparentemente un vasetto di miele. Ma non lo è.

Ph. Alberto Blasetti

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