Felice lo Basso è l’executive chef dell’Alpenroyal Grand Hotel Gourmet & Spa, a Selva di Val Gardena, oasi di pace ad alta quota, dove fra un nordic walking estivo e una ciaspolata invernale, ci si ritempra nella spa e poi alla tavola del Gourmet, il piccolo ristorante che si fregia di 1 stella Michelin dal 2011.
Un pugliese di Molfetta sulle montagne dell’Alto Adige è sicuramente un abbinamento originale, anche perché la carriera di Lo Basso era iniziata in modo molto tradizionale: alberghiero a Bari, stagioni in Romagna e via via esperienze sempre più prestigiose: l’Hotel Ambasciatori di Rimini, il ristorante del Byblos di Misano Adriatico, il Tre Spade e il Cappello di Ravenna, il Lido Lido di Cesenatico, che resta per lui una tappa importante dato che segna l’incontro con Vincenzo Camerucci, che considera suo maestro.
Dall’Adriatico alle Dolomiti, il salto è acrobatico in termini di prodotti, stagionalità, mentalità. E lui? «Io ho ricreato il mio “habitat” pugliese qui - sorride - il mio sous chef è anche lui di Molfetta e molti in cucina sono del Sud. Condividere l’ambiente di lavoro con persone come me solari, allegre, con grande elasticità e devozione per questo mestiere, mi permette di fare la cucina che voglio». Questa “enclave” gastronomica molto mediterranea ha incontrato l’Alto Adige dei sapori e dei prodotti, con risultati interessanti grazie alla libertà mentale di Felice. Speck, rape rosse, mele e funghi, alcuni dei prodotti locali che hanno acceso la fantasia dello chef, si uniscono a gamberi, ricci, capesante, in una rilettura che da due voci apparentemente contrastanti, si inventa un nuovo “patois”, con una sua originale intonazione.
Ecco allora che un montano doppio raviolo di guancia e formaggio di malga è adagiato su di una puré di patate alle erbe e capesante, lo scampo arrostito, sapore evocativo del Mediterraneo, trova nell’acidità della crema di mele dell’Alto Adige un perfetto contraltare, lo spaghetto all’aglio orsino, delicata erba primaverile dei prati di montagna, sposa e lascia intatto il gusto intenso del gambero rosso.
Niente chilometro zero quindi (Felice non è, come molti per moda, un assertore ad oltranza di questa tesi) ma comunque concretezza. «Oggi - afferma - si possono avere sempre tutti i prodotti al meglio. Mi piace la ricerca del piccolo produttore e dello spirito contadino di questa Regione, poi però da qui la mia ricerca si estende a tutta l’Italia, qualche volta anche oltre confine (in Francia acquista la cacciagione per la costanza nella qualità)». Tecniche semplici, brevi, poco invasive: il cervo diventa un delicato carpaccio, lo speck una spuma, la polenta una cialda. Felice è giovane ma sembra già sentire l’esigenza di sfrondare e di arrivare ad uno stile essenziale.
Testo di Elena Bianco
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