È il caso del Castello di Postignano – in realtà un piccolo borgo in provincia di Perugia, in Umbria appunto – un posto arroccato e un tempo diroccato che ha avuto la fortuna di incontrare due architetti che, dopo averne percepito l’essenza e il valore, lo hanno acquistato con la promessa di ridare vita all’antico splendore d’un tempo ma seguendo un nuovo concetto d’ospitalità. Ma andiamo con ordine e scopriamo le tappe fondamentali della rinascita del piccolo borgo.
Le ultime famiglie residenti lasciano Postignano nel 1966, che rimane a lungo in stato d’abbandono. Nel 2007 i lavori di ricostruzione, dopo il crollo causato dal terremoto del 1997, e sei anni dopo ben 20 appartamenti – restaurati nel rispetto della loro identità originaria –, la Casa Rosa, bistrot con un suggestivo affaccio sulla vallata e una bottega di vendita di vino, olio evo e prodotti gastronomici aprono le porte promettendo agli ospiti esperienze di una qualità autentica, così come autentici sono i luoghi recuperati con l’opera di restauro.
Dall’estate del 2022, infine, la nuova scommessa di Postignano: la Tavola Rossa. Hub di sperimentazione gastronomica e piccola scuola di cucina di giorno, la sera diventa un ristorante speciale, con alla guida lo chef Vincenzo Guarino. Un unico tavolo, 12 posti al massimo, un menu degustazione e lo chef che mentre prepara i piatti conversa, racconta e si racconta. Anche qui, storia di un’idea azzardata che trova concretezza e diventa esperienza.
Se alla Casa Rosa infatti la proposta è legata e fedele alla tradizione umbra, alla Tavola Rossa l’idea è quella di far dialogare la Campania – terra natìa dello chef – e l’Umbria, ora terra di adozione. Al dialogo segue una commistione giocosa tra piatti, sapori e abbinamenti che partono dalla campagna umbra e arrivano nei caseifici campani. Umbricelli alla spoletina ma anche spaghetti alla Nerano, piccione, roveja, pomodoro, trota e stracciatella di bufala trovano il loro spazio in un menu sempre diverso e sofisticato.
Postignano, la Tavola Rossa, le 20 suite, lo chef Vicenzo Guarino e il progetto di ampliamento del borgo sono l’esempio lampante del fatto che per innovare basta a volte cambiare la destinazione d’uso di luoghi che custodiscono già una storia, creandone di nuove e dare la possibilità di viverne altre sempre più speciali.
di Tea Capecchi