La riflessione appunto, uno dei momenti fondamentali della cucina di Daniel Canzian di cui una delle chiavi di lettura fondamentale è il continuo richiamo al “Marchesiano”, come una poetica. Il rimando allo stile del sommo Gualtiero Marchesi è innegabile, Daniel gli è stato al fianco per oltre un decennio. La sua reinterpretazione dello stile del Maestro non è uno sterile omaggio in riso e metallo e zafferano, ma un misurato labor limae sui dettami del suo vate culinario. Il richiamo artistico e monumentale ai grandi dell’architettura e dell’arte moderna. Il continuo rimando alla semplicità come valore fondamentale e proporzione aurea di ogni grande cucina. E una grande, grandissima attenzione al valore “numerico”, massimo 3-4 elementi per piatto, non di più. Guasterebbe.
Intimamente legato al valore della stagionalità, della tracciabilità e della firma italiana, l’approccio che Daniel ha nel suo percorso - unitamente alla sala, gestita dalla bravissima Giusy Chebeir - trasmette una piacevole sensazione di compiutezza e di unicum che si traduce ottimamente sulla tavola. in una sequela di piatti davvero interessanti. Primo fra tutti il Riso. Il Riso con limone, liquirizia e sugo d’arrosto ha veramente dell’incredibile, un gusto umami in tre componenti assolutamente inaspettato, diretto e preciso come una lama. Mantecatura del riso veramente perfetta, la polvere di liquirizia a dare profondità e la nota acida del limone a bilanciare l’intero discorso. Un piatto il cui WOW Factor è pronunciatissimo. Sconfiggere il modernismo scialbo di arie e sferificazioni è più semplice quando la base è solida,
La Pop-Art gastronomica si vede soprattutto nella Seppia alla maniera di “Lucio Fontana”. Un ragù di seppia e il suo nero, cotto a dovere, sul quale si adagia una sfoglia di pasta al verde, agrume e poi…l’attesa, il taglio netto alla Fontana, la rottura con lo spazialismo. Il velo si rompe. Si disvela la continuità fra arte e realtà, immanenza e trascendenza. Un piatto delicatissimo che si risolve in un morso rotondo e avvolgente, rotto stavolta dalla scorza di agrume che dona freschezza e acidità. Una cucina che rompe con forza gli schemi e che colpisce ancor di più con la Pancia di maialino, mela cotogna e broccolo verde al vapore. Un piatto di sintesi che alla fine trafigge in maniera netta, proprio per il suo essere in netta controtendenza con quanto è stato presentato sul piatto fino a quel preciso momento. Riflettere, ragionare, trasmettere. Una cucina quindi di grande dettaglio che però finisce per strutturarsi nell’importante legame fra la stagionalità delle materie prime e territorialità, di cui la Zuppa pavese dello chef rappresenta una voluta bandiera.
Milano è una città molto poliedrica e variegata, ormai si sa, ma anche colta e ricca di tradizioni. Ecco, il ristorante Daniel si incastra perfettamente in tutto ciò, presentando dal 2013 una cucina italiana contemporanea, giovane ma con i piedi ben saldati nel fertile terreno tricolore, tra arte storia e cultura. Ed e proprio tra arte storia e cultura che Daniel Canzian, come Gualtiero Marchesi prima di lui, ricerca ispirazione. Una tappa ambrosiana imperdibile per l’alta cucina.
A cura di Ugo Marchionne