Sono gli anni Quaranta e quella bambina dagli occhi espressivi muove i primi passi in una Bergamo indebolita dalla guerra. Le vie ciottolate però, al suo sguardo di oggi, rimangono comunque il parco giochi dell’infanzia. È la penultima di sette fratelli, nati dall’amore di Giuseppa e Paolo. «Ricordo ancora benissimo quando papà si svegliava al mattino e andava al mercato a fare la spesa. Mamma invece rimaneva in negozio, avevamo un bel fruttivendolo – spiega – e poi andava nel retro, dove avevamo un grande camino, e dava ‘una menatina’ alla polenta a cui abbinava qualsiasi cosa, ma sempre all’ultimo, perché era lei che portava avanti il negozio».
A 22 anni Bruna era già sposata, Vittorio ne aveva cinque in più di lei. «Quando mi fece la proposta di matrimonio non ci potevo credere, io ovviamente ho risposto subito di sì!», e sorride. Per me sposarlo era toccare il cielo con le mani, Vittorio era bellissimo, aveva gli occhi azzurri come il cielo. Il mio sogno di bambina è sempre stato trovare un uomo che mi volesse bene e poter creare con lui qualcosa di bello».
Quella coppia di giovani sposi prende così un appartamento a Bergamo, dividendo il bagno con un’altra famiglia. Costruiscono mattone dopo mattone la loro felicità, con la sola forza della volontà, la determinazione e l’amore. «Ci si voleva bene, facevamo le cose insieme e questo ci bastava». E la prima scelta “di coppia” fu rilevare un ristorantino a Bergamo, una nuova entusiasmante avventura con una altrettanto nuova vita in grembo: Enrico detto Chicco. E dopo di lui Francesco, Barbara, Roberto (detto Bobo) e Rossella, ognuno a distanza di un paio d’anni dall’altro.
Estratto di "Bruna Cerea" di Barbara Giglioli nel n°41 di ItaliaSquisita