Dopo aver trascorso sei mesi nella città eterna, tornare, per me, è sempre un colpo al cuore. Quest’anno mi capita di passarci qualche giorno di fine novembre: clima piuttosto rigido e pioggia “a secchiate” amplificano il rimorso di essermi persa la famosa “ottobrata romana”. Nonostante le condizioni atmosferiche, la città splende e io, avvolta nell’atmosfera gioconda mi dirigo in una delle traverse della Tuscolana, nel quartiere Don Bosco, per fare una tappa gourmet!
Eccomi di nuovo in uno dei miei angoli golosi preferiti della capitale: un “bazar” della bontà, dove fiondarsi per trovare prodotti genuini e di alta qualità, dalla carne (in primis) ai salumi, dai latticini ai mieli, dal riso alla pasta, dall’olio al caffè, fino a una selezione di vino e birra artigianale.
L’accoglienza della famiglia Liberati - la Sig.ra Pina, Emilio e Roberto - e della spumeggiante Giulia, è come sempre calorosa. Tra un taglio di prosciutto crudo al coltello e un dialogo tattile con un cosciotto di agnello, Roberto mi concede un’intervista alla scoperta del passato, presente e futuro della Bottega. Roberto, architetto e artefice della trasformazione della macelleria in bottega, mi racconta il suo percorso, la sua ricerca e la spinta al totale rinnovo, estetico e concettuale, del locale.
Di origine contadina - i nonni allevavano bestiame - e figlio di un macellaio, il Sig. Emilio, il giovane Roberto cresce rapportandosi al mondo dell’allevamento in modo sano e naturale, finché, spinto dalla curiosità, si accosta alla pratica orientale “Qikung” per motivi di salute e da lì comincia una ricerca alimentare in direzione della macrobiotica. Torna poi sui suoi passi, riavvicinandosi man mano al consumo della carne, una decina di anni fa, riappropriandosi totalmente della cultura contadina e dei sapori genuini. Ha avvio così l’ideazione di una bottega - spazio progettato da lui stesso - che esponga prodotti eccellenti, a partire proprio dalla carne, di allevamento biologico e biodinamico, “con un occhio di riguardo anche per le piccole aziende di altissimo livello ma che non si possono permettere la certificazione”, ci tiene a specificare Roberto.
Arriviamo, dunque, al legame tra la bottega e la ristorazione. Anche per questo percorso è andato in avanscoperta il mio intervistato che, come sempre spinto dal desiderio di conoscenza, ha instaurato un rapporto biunivoco con gli chef che si riforniscono in bottega, visitando i loro locali per addentare a fondo il pensiero e le scelte consapevoli di questi artigiani del gusto. “Il ristoratore che prediligo - afferma Roberto - è colui che lavora tutte le parti dell’animale e che applica un menu flessibile in base alla nostra offerta, che punta a un grande risultato finale senza avere uno standard fisso”. E da questa chiara idea di scambio reciproco di “merce”, intellettuale e materiale, è nata anche una costante e, definirei quasi fraterna, collaborazione con il grande Gabriele Bonci che nel suo atelier “Pizzarium” sforna costantemente novità strabilianti: dal “Piercing alla Lingua” (porzione di lingua fritta infilata in uno stuzzicadenti), alla pizza con la trippa (seguendo l’originale ricetta della trippa romana), dalla pizza con faraona e ovoli alla pizza con foie gras!
Con un certo languorino, decido che è giunta l’ora di abbandonare questa isola di salubrità e scelte consapevoli: saluto la grande famiglia con affetto e, sperando di tornare presto a stimolare le mie papille gustative con delizie e rarità, auguro loro di prosperare ed esprimo il desiderio che realtà del genere si moltiplichino un po’ in tutta Italia.
Bottega Liberati
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