Martino Ruggieri, uno dei più talentuosi giovani chef italiani, comincia la sua nuova avventura con la sua Maison Ruggieri, a Parigi, sua patria d'adozioni sin dal 2014.
Il nome da porre sull'insegna gliel'ha suggerito lo stesso Yannick Alléno, ossia la super-toque della quale Ruggeri è stato fino a fine febbraio scorso fidatissimo braccio destro come head chef del tristellato Pavillon Ledoyen.
Il ragionamento gastronomico dello chef originario di Martina Franca è stato questo: oggi a Parigi tutte le insegne di nuova generazione sono un misto tra bistrot e gastronomico, con menu unico o al massimo la possibilità di scegliere i piatti principali. Il concetto cardine è quello di recuperare la tradizione di piccoli piatti "di intermezzo" tra antipasti e portate principali, tipici dei vecchi menu regali: quindi per esempio una zuppa, una pasta o un riso. Amblema perfetto sono gli Spaghetti al pomodoro d'autunno con uova di luccio affumicate.
I piatti principali sono solo pièces, pezzi non porzionati, che arrivano interi per tutto il tavolo. Come la Costata di manzo Black Angus irlandese arrostita allo spiedo con caramello di soia, cannolicchi al rosmarino e gateaux di riso all'anguilla affumicata che è il pezzo forte del primo menu. E ancora, la sogliola di Noirmoutier (il filetto alla mugnaia con marinière di conchiglie, legumi e patata Anna), il pollo di Bresse (cotto sospeso sulle erbe fresche, nappato con salsa poulette, poi mais fresco e caviale). Senza dimenticare lo spazio vegetale (rape viola all'alga nori brasate al forno, il loro jus in vinaigrette, purea di prezzemolo riccio, topinambur al Verjus, fregola al latte di avena).
Altra idea innovativa: si prenota sul sito, si sceglie il tavolo, poi si riceve una telefonata e si può esprimere una propria preferenza. Si vuole che il locale appaia molto "affettuoso", caldo, con un’accoglienza tutta italiana.
«Per me è sbagliato quando vai al ristorante, magari ti assegnano un tavolo che non ti piace, ti propongono un menu senza quello che desideri, spesso con un'offerta molto limitata. Poi ci passi ore e ore, spendi soldi e te ne vai scontento. È un disastro. Secondo me l’esperienza deve nascere molto prima dell'arrivo del commensale» dichiara il giovane chef.
L'influenza francese è evidente, ma è chiaro anche che lo chef è italiano. Martino lavorerà molto in base all'ispirazione quotidiana del mercato, senza imporsi una linea gastronomica fissa.
Un accenno alla carta dei vini che anche in questo caso è identitaria: una lista più dinamica con tanti piccoli produttori provenienti da molte zone.