10 domande a un produttore vitivinicolo

Alessandro Luzzago, presidente del cosorzio della Valtènesi, risponde alle nostre curiosità sul Chiaretto.
Come nasce la denominazione Valtenesi?

I dictat che mi hanno guidato sin dal primo giorno sono stati tre: qualità del prodotto, unità dei produttori, identità dei prodotti. Abbiamo da subito lavorato su questi versanti; questo lavoro nel 2016 è sfociato nella firma di un patto a cui hanno aderito il 90% dei produttori, che ha poi permesso di avere la denominazione Valtènesi così come la conosciamo oggi.

Cosa vuol dire nobilitare l’identità della Valtènesi?

Sul fronte qualitativo l’esperienza più importante e significativa è la ricerca dell’identità dei nostri Chiaretti, che da 5 anni svolgiamo con Le Centre de Recherche et d'Expérimentation sur le Vin Rosé a Vidauban in Provenza, regione leader nella produzione dei vini rosa nel mondo. Con il direttore del centro e con una ricercatrice stiamo cercando di specificare l’identità Valtenesi costruendo un linguaggio che venga condiviso dai produttori, che descriva il nostro vino rosato, in quanto diverso dagli altri.

Il riconoscimento della DOC nel ’67 ha portato nuove prospettive di consumo?

Nel ’67 il Chiaretto ottiene la DOC come vino rosato, uno dei primi casi in Italia. A quei tempi il chiaretto veniva fatto per tradizione, era nella gamma di produzione delle aziende del territorio. Le differenze effettive nel consumo e nella percezione del Chiaretto sono ragionamenti degli ultimi 10 – 15 anni. Di enorme importanza è la nascita di ‘Rosautoctono’, l’istituto del vino rosa autoctono Italiano, che riunisce i consorzi di tutela delle importanti denominazioni: Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte Bombino Nero, Castel del Monte Rosato, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato.

Metodo Molmenti a Moniga del Garda: la storia e il “mito” del Chiaretto della Valtenesi

Il Groppello è un’uva autoctona della Valtenesi, fragile e preziosa, difficile da coltivare, che implica un grande sforzo economico già in vigneto, di grande valore una volta che viene raggiunta la giusta maturazione. Pompeo Gherardo Molmenti, senatore del Collegio di Salò, dopo svariati viaggi, verso la fine dell’800 tornò dalla Francia a Moniga del Garda portando con sé un metodo per produrre il vino rosa. Il metodo è quello del breve contatto fra mosto e vinacce, ottenendo così da uve nobili, vini rosa, eleganti e delicati. Tutte le aziende del nostro territorio, non solo le piccole, ma anche chi fa milioni di bottiglie, hanno un’impronta fortemente familiare, il “patto tra generazioni” implica una forte presenza e relazione emotiva con il territorio, punto imprescindibile dei nostri Chiaretti. Le peculiarità climatiche permettono l’identificazione de “Il mediterraneo ai piedi delle Alpi”: la vastità del lago di Garda, la sua solarità, la sua apertura, il suo essere diverso dagli altri laghi montani, essendo più luminoso ed esteso, ma comunque sovrastato da vette di 2.000 metri, permette contrasti di temperature che stanno alla base della caratterizzazione tanto delle uve quanto dei vini.

Quale è il colore del “Vino di una notte”?

Sicuramente il colore è l’identificativo principe, caratterizzato da un rosa pallido e chiaro. “Il vino di una notte” è sicuramente un buon claim, ma superato. Adesso le uve non vengono mostate dalla fine della giornata di vendemmia sino alla mattina successiva, ormai ciò avviene in poche ore: le tecniche moderne hanno permesso di ridurre al minimo il contatto (da un’ora a un massimo di sei); inoltre benché collegato direttamente al metodo studiato e posto in essere da Pompei Gherardo Molmenti, la metodologia moderna consta di un maniacale controllo dell’ossigenazione, indispensabile per ottenere la nuance caratteristica. Il colore riflette l’anima del vino, nel caso dei rosati è fondamentale. Quasi tutti i produttori imbottigliano in vetro bianco, nessuno vuole rinunciare all’impatto visivo del Chiaretto. Il Chiaretto della Valtenesi presenta un’elevata luminosità, un rosa chiaro e luminoso, le cui sfumature tendono al rosa piuttosto che all’aranciato.

I sentori olfattivi del Chiaretto?

Esiste una certa gamma di possibilità ma di base i sentori olfattivi spaziano dai frutti rossi delicati ai fiori bianchi e gialli, con lievi sentori agrumati. Caratteristiche in continua evoluzione in questi ultimi anni, date dalle nuove vinificazioni e dai contatti più brevi delle bucce con il mosto.

In cosa si sostanziano le caratteristiche e le peculiarità del gusto?

Uno dei caratteri più interessanti dei nostri Chiaretti è la sapidità, associata a una spiccata salinità di facile percezione, derivante dalle peculiarità dal nostro terroir. La riduzione dell’ossigenazione, in tutte le sue fasi, conduce verso l’idea di un vino bianco, caratterizzato quindi da freschezza e leggerezza. Ad oggi è molto importante sottolineare che ci stiamo muovendo verso un’idea di chiaretto secco: l’impronta provenzale permette infatti di ottenere vini che presentano un bassissimo residuo zuccherino, in alcuni casi addirittura nullo. Il Chiaretto della Valtenesi è sicuramente associabile alle idee di delicatezza, eleganza e digeribilità.

Dalla tradizione all’alta cucina, quali sono i pairing migliori?

Dal tradizionale coregone con olio del Garda al Riso Carnaroli mantecato, crescione di ruscello, pomodoro ai ferri e mandorle di mare di Giuliana Germiniasi del ristorante Capriccio a Manerba del Garda; dalle erbe officinali del monte Baldo sino al Persico mantecato all’olio Garda dop di Malcesine con limone candito, capperi e croccante di patate alle olive di Leandro Luppi del ristorante Vecchia Malcesine. L’imperativo generale è uno: abbinamento con piatti che abbiano sentori delicati che non offuschino le gentili peculiarità di questo vino.

Il vino rosa: pubblico e consumo del Chiaretto della Valtenesi?

Tendenzialmente in Italia si tendeva ad avere un’idea di vino rosa femminile, niente di più sbagliato. Il vino rosa è di uomini, di donne, di giovani e meno giovani. In questo preciso momento storico, negli Stati Uniti e in Canada stiamo assistendo a una grande riscoperta dei rosati. Qui in Italia dobbiamo lavorare sul pubblico giovanile. L’appeal di questo vino è forte, dal lavoro fatto in Provenza infatti si evincono le sue reali possibilità: chi va alla ricerca del rosa, riconosce nelle tonalità scariche e soavi dei nostri Chiaretti una forte attinenza con la tradizione dei vignerons d’oltralpe.

Come vede il futuro dell Chiaretto?

In questo momento sono estremamente ottimista, mi sembra che ci sia una prospettiva molto incoraggiante. In Francia dopo 30 anni di lavoro, si registra un consumo del rosa maggiore rispetto al bianco: su 100 bottiglie di vino fermo consumato, il 50% è rosso, il 33% rosa e meno del 20% è bianco, non solo in Provenza ma in tutta la Francia. La riscoperta delle zone nobili di produzione ha cambiato il paradigma di percezione, tanto degli addetti ai lavori quanto dei consumatori, basti pensare che la produzione in 3 anni è passata dal 1.2 mln di bottiglie a sfiorare i 2 mln. Possiamo dire che il futuro del Chiaretto è roseo, sdoganando la battuta più classica, che riassume tanto il colore quanto il futuro di questo nobile vino.

Tratto da: 10 domande a un produttore vitivinicolo di Marco Polizzi, Illustrazioni di Gianluca Folì  – IS n°34
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