Massimiliano Alajmo, l'ambasciatore

Gli in.gredienti dei piatti mistici. Brodo oro con zafferano e liquirizia

Sembra facile abbinare due sapori e trovare la combinazione perfetta tra due ingredienti, apparentemente lontani nell’immaginario culinario. Ma nella realtà dei fornelli e delle degustazioni questi accostamenti sono la manna divina che possono sfamare e illuminare l’intelletto di un cuoco. Massimiliano Alajmo è un fortunato arredatore dell’intuizione, perché attraverso due semplici ma incredibili congiunzioni di alimenti ha capito quanto magnifico sia il potere del gusto, della sua rotondità organolettica, della sua meraviglia. Zafferano e liquirizia, capperi e caffè. Nessun concetto, ma una totalità d’entusiasmo nel vero senso semantico della parola: essere pieno di divino furore, divinamente ispirato. «Noi cuochi siamo i primi spettatori, i primi fruitori di una pietanza. Dobbiamo esserlo, dobbiamo assaggiare quel piatto e quegli accostamenti come se non li avessimo fatti noi. Il Risotto zafferano e liquirizia è dedicato a mia moglie Mariapia: polvere nera, riflessi dorati, il capovolgimento della radice scura in alto e il pistillo invece in basso per creare una prospettiva che ribalta la norma. Ora in carta c’è il piatto mistico Brodo oro, che è una possibilità altra di manifestare lo stesso risotto: può essere un’evoluzione, la sintesi, il condensato, ma di fatto è la stessa cosa, presentato in modo diverso». Fatto sta che è un’invasione liquida per riscaldare mente e corpo. Lo zafferano è italiano e persiano; la liquirizia deve essere pura al 100%, senza contaminazioni d’altro tipo (menta o anice), e la sua pasta ha l’obbligo di essere più cotta, tostata e caramellata: insomma, pura essenza! Arriva da un’erboristeria della zona. Anche i capperi e il caffè sono un abbinamento eccezionale: «L’idea della combinazione mi è venuta dopo giorni e giorni, dopo aver assaggiato i capperi di Pantelleria di Gabrio Bini. L’aggiunta di caffè Indian Nugget è stato il passo successivo, illuminante. Bisogna sempre studiare gli ingredienti e la loro ricerca di un dialogo con il gusto». Voli pindarici nel carosello delle materie prime, che lusso ironico e cerebrale!

Massimiliano e Raffaele. I fratelli complementari

Nato a Padova nel 1974, Massimiliano, insieme al fratello Raffaele e alla sorella Laura, rappresenta la terza generazione di una famiglia di ristoratori, che hanno nel DNA la passione per il cibo e la cucina. Dopo aver frequentato l’istituto alberghiero “Pietro d’Abano” di Abano Terme (PD), Massimiliano inizia le sue prime esperienze presso le cucine di importanti chef italiani ed europei: Ja Navalge di Alfredo Chiocchetti a Moena (TN), e in Francia all’Auberge de l’Eridan di Marc Veyrat a Veyrier du Lac d’Annecy e al Les Près d’Eugenie di Michel Guerard a Eugénie Les Bains. Dopo il diploma conseguito nel 1993, Massimiliano inizia a lavorare nella cucina de “Le Calandre” insieme alla mamma Rita Chimetto, che nel 1992 ebbe la prima stella Michelin. Il 13 marzo 1994 Massimiliano assume il comando della cucina e nel 1996 prende la seconda stella dalla stella guida. Il 27 novembre 2002 Massimiliano conquista infine la terza stella, entrando nella storia come il più giovane chef al mondo ad aver ricevuto a soli 28 anni questo prestigioso riconoscimento. Nel 2004 la famiglia Alajmo inaugura “Il Calandrino”, un locale dall’ambiente informale e casual, in cui assaggiare non solo i piatti della cucina espressa di Massimiliano, ma anche torte, gelati e la pasticceria, da gustare al momento o da portare a casa. Il 26 ottobre 2006 i fratelli Alajmo presentano alla stampa italiana il loro primo libro, intitolato “In.gredienti”, che nel 2007 vincerà il premio Gourmand Cookbook World Award come “Best Cookbook in the World”. Nel 2007 s’inaugura il punto vendita di alimentari Calandrino dolce e salato e il corner di pasticceria Calandrino.dolce. Nel 2008 nasce la linea In.gredienti, che esprime il desiderio di portare sulla tavola di tutti i giorni i prodotti che Massimiliano utilizza in cucina alle Calandre. Nel 2008 inizia la collaborazione con il maestro profumiere Lorenzo Dante Ferro, dalla quale nasceranno, Le Essenze, una linea di oli essenziali da utilizzare in cucina su cibo e cocktail come “acceleratori di gusto”. Nel maggio 2010, per festeggiare il suo trentaseiesimo compleanno, Alajmo invita a “Le Calandre” un gruppo di grandi chef italiani e fondano l’associazione culturale denominata “I Cavalieri della Cucina Italiana”. Questo gruppo, unito da valori quali rispetto e lealtà reciproca, si è posto l’obiettivo di lavorare in maniera compatta per promuovere e difendere l’immagine della cucina italiana in Italia e nel mondo. A fine 2010 nasce la linea “alajmo.design”, che contempla oggetti disegnati dai fratelli Alajmo e realizzati in collaborazione con alcuni artigiani italiani – veri maestri della loro materia. Attualmente, la famiglia Alajmo gestisce tre ristoranti (Le Calandre, Il Calandrino e La Montecchia), un piccolo albergo (Hotel Maccaroni), un gourmet store (In.gredienti) e dal gennaio 2011 il Grancaff è & Ristorante Quadri in piazza San Marco a Venezia, insignito di una stella Michelin nel 2012.

Trasformare l'ironia in cucina superiore

Attraverso l’ironia c’è la possibilità di raccontare cose serie. L’ironia è quell’arte che dissimula i discorsi, in maniera scherzosa, raffinata, pungente, estremamente concettuale. La cucina di Massimiliano Alajmo è assolutamente ironica, giocosa e artistica. Le finte trippe di pesce elevano la Zuppetta di pesce a piatto gastrofisico; la burla del dolce Fede, che c’è ma non si vede perché il dessert è celato sotto il piatto in tutta la sua fantasia aurea; il Leccalandre è un evidente gioco di parole; l’Assaggino di ovetto con crema all’uovo, cipolla rossa, speck e pasta fillo è la smaterializzazione della pasta carbonara; il Carpaccio di Manzo e passata di ceci stimola emozioni adrenaliniche al commensale, quasi erotiche all’apparenza e al gusto; la salsa di pistacchi e il “latte” di sogliola sono provocazioni intellettuali assai riuscite, perché danno sensazioni lattiche senza la presenza del latte; le sarde abbrustolite aiutano ad alienarsi, a essere un po’ egoisti nei confronti del prossimo perché è difficile condividerne anche solo un boccone; le Proiezioni al cioccolato sono sbarluccichìo per veri golosi. «Se crediamo di aver fatto grandi passi evolutivi nella gastronomia, ci sbagliamo: già nel Rinascimento lo scherzo e lo scherno erano all’ordine del giorno. L’ironia è il modo più semplice per parlare e spiegare le cose serie!». Massimiliano Alajmo cerca di comunicare un concetto in modo digeribile, in tutti i sensi; nella sua indagine intellettiva ha forse trovato il mezzo per trasmettere alcuni concetti esterni al mondo gastronomico nell’universo goloso del commensale. È la cucina sinestetica, inframezzata da atmosfere ludiche e grande senso dell’ironia; il banchetto aulico di Alajmo è sempre all’altezza delle aspettative, qualora le aspettative tendano sempre all’infinito piacere. 
Nella foto accanto: Assaggino di ovetto con crema all’uovo, cipolla rossa, speck e pasta fillo

Sensazioni Lattiche. Interpretare la memoria emozionale

Massimiliano Alajmo, nella sua filosofi a concettuale dei tre elementi (leggerezza, profondità, fluidità), giunge a delle sensazioni lattiche ma senza latticini, perché essi, a contatto con i profumi e le essenze, vanno a chiudere e imprigionare quella profondità che è necessaria al gusto per manifestarsi e liberarsi al palato. Nei suoi “collaudi gastronomici” ha quindi provato a mettere l’essenza di anice stellato nell’olio extravergine d’oliva: il profumo è sembrato leggero, quasi sfuggente, ma sempre tendente ad andare verso l’infinito. Nel burro invece avviene il contrario: forte il legame iniziale, il profumo esce potente ma poi viene inglobato e inghiottito nella forza lattea del burro; la sensazione quindi si fissa e si arresta. In entrambi i casi ci sono aspetti affascinanti: perché non prendere i punti privilegiati di tutti e due i grassi? Ecco quindi la terza variante, creata ad hoc dalla genialità di Alajmo: utilizzare l’olio estratto dalla frutta secca, l’olio extravergine o addirittura lavorare senza grassi con le proteine naturali degli ingredienti (albumine in primis), per cercare di ricostruire questa sensazione lattica, senza la chiusura finale tipica del latticino. Il “latte” di sogliola è solo un esempio delle decine di variazioni. Così come nel Rinascimento che creavano il “finto burro” con il latte di mandorle colorito da tratti di zafferano… Questa non è una presa di posizione nei confronti del latticino, anzi a volte può e deve essere proprio lui il protagonista del piatto. È forse questo l’ennesimo gioco ironico di Massimiliano, quello di ottenere un risultato in modo laterale? 
Nella foto, risotto con latte di sogliola e caviale Amur

Leggerezza, profondità, fluidità. La filosofia di Alajmo

Nell’ultimo periodo la mente di Massimiliano si è concentrata su tre concetti concentrici: leggerezza, profondità e fluidità. Non per gioia onanistica, ma per capire come si comportano il commensale e il cuoco nell’interazione con la materia. Inizia dunque la sua indagine nell’universo dei cinque sensi, ma senza estremizzare, senza rendere astratta la semplicità del buon cibo. Questa è dunque l’amata sinestesia, la figura retorica che rende poesia l’orgia dei sensi. E proprio investigando in tale ambito, Alajmo è arrivato alla conclusione che l’olfatto vince su tutto, perché è il senso più rapido e quello che influenza maggiormente la sfera emozionale dell’essere vivente. È il senso più antico, sia negli animali che nell’uomo. Non passando dalla parte razionale infatti i profumi transitano nella sede della memoria, in quel vissuto che spalanca nuovi-vecchi mondi e ricordi dell’infanzia. Ora ecco la definizione alajmiana della leggerezza: «Il profumo è il gusto dell’aria, è l’essenza dell’irraggiungibilità e dell’incapacità di trattenere». Detto in parole contadine, il profumo incarna il “voglio ma non posso”, il desiderio dell’assaggiatore comune di possedere quell’essenza volatile per sempre. «Allora questa leggerezza eleva la percezione a ricevere le emozioni e a trasportare l’animo nell’approfondimento dei sapori in modo più prolungato ed esaustivo. Di conseguenza, ma sullo stesso piano di valori, esce il secondo concetto, la profondità: essa è dunque la manifestazione di questo trasporto che consente di veicolare i profumi più in profondità, appunto. Si aprono allora mondi paralleli e allo stesso tempo convergenti dentro le meningi dei commensali, laddove la degustazione va al di là dell’aspetto tecnico, perché è un’apertura verso il mondo della memoria». In questo frangente Massimiliano Alajmo si toglie la divisa da chef e si mette quella del tranviere, per vendere biglietti per un nuovo-vecchio viaggio: è nuovo perché mai provato prima delle Calandre, vecchio perché riesuma i ricordi di sempre. Un viaggio però alquanto diverso per ciascuno, come la diversa interpretazione di un quadro ogni volta che qualcuno lo guarda. E allora nella cucina esiste una rievocazione universale e primitiva, comune a tutti? Sì, ed ecco che entra in gioco la fluidità, come terzo pilastro della filosofia di Alajmo. «Questa è la coincidenza obbligatoria ed evidente del mezzo, un’intenzione concettuale del trasporto, il fluido naturalmente soprannaturale per rendere azione un pensiero, un’intenzione culinaria non necessariamente liquida. Sono le sensazioni lattiche in assenza di latticini, storiche percezioni che qualsiasi essere umano ha provato nella vita infantile: l’allattamento è infatti l’imprinting gustativo primordiale, unico, universale. Il vero ricordo emozionale legato alla sfera dell’alimentazione». Latte e sensazioni lattiche, leggerezza profondità e fluidità applicate agli ingredienti mediante la coerenza.  
Nella foto accanto: Benvenuti dello chef: Baccalà mantecato con mais-pan e aneto, Crema di marroni con dei biscotti di marroni, Piopparelli fritti con una crema all’uovo ed estragone.

Massimiliano Alajmo. Le calandre. Una forza concettuale della natura

Una forza della natura, una forza concettuale della natura: padovano sui registri catastali ma cittadino dell’universo organolettico, Massimiliano Alajmo ha sempre intuito nella sua vita l’importanza dell’essenza e del significato dell’alimento, della memoria olfattiva che ne scaturisce e del viaggio sensoriale che ogni uomo è destinato a intraprendere quando assaggia il cibo. I numerosi convegni per il globo terracqueo accertano la grandezza di questo illustre chef; le cucine in perenne movimento de “Le Calandre” a Rubano (PD) ne manifestano invece il continuo e inesorabile progresso; il ristorante gourmand “La Montecchia” a Selvazzano, sempre in provincia di Padova, dimostra parallelamente quanto l’affetto della famiglia e il senso degli affari possano coesistere in modo geometrico; e infine anche la bella Venezia comprova la concretezza del suo entusiasmo, con la gestione dello strabiliante “Caffè Quadri” in piazza San Marco. Massimiliano Alajmo è capace di bere e festeggiare da veneto purosangue, di fare tardi alle riunioni, di ridere di grasso gusto e cucinare spaghetti allo scoglio per la propria brigata alle tre del mattino; ma allo stesso tempo è un marchingegno infallibile, una sorta di pendolo di Galileo che gestisce le azioni come assi cartesiani, incarnando lo spirito metodico di Palladio e Tito Livio. È cuoco, pittore, editore, fotografo, scrittore, sceneggiatore, viaggiatore, imprenditore e infallibile canzonatore. La sua ironia fagocita gioco, cucina e arte con un aplomb disarmante e concettualmente affascinante.
  • MASSIMILIANO ALAJMO
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