Davide Oldani, l'Ambasciatore

Un design bello e inutile

Negli ultimi anni Davide Oldani ha espresso la sua creatività anche nel campo del design. Ha pensato e realizzato oggetti di cucina non perché volesse vantarsi o allargare il suo campo professionale, ma banalmente perché ne aveva bisogno per il suo ristorante. Aveva necessità di una posata multifunzionale, si è guardato intorno e non l’ha trovata, allora se n’è inventata una in quattro e quattr’otto. «Il primo concetto da sviluppare nel design è l’utilità, poi l’estetica e il successo vengono di conseguenza: il design fine a se stesso, così come la cucina, non ha senso». Design, arte, comunicazione e cucina sono tutti ingranaggi del concept D’O!

La cucina Pop

Davide Oldani parte dal concetto di “nutrire il pianeta”, preferisce vendere cento piatti di spaghetti a 1 euro che uno col caviale a 100 euro , perché in questo modo può avere contatti con più persone. Ricorda molto il concept di Andy Warhol. La sua “cucina pop” è sana, leggera ed enfatizza il pensiero dell’accessibilità: grande cucina a prezzi contenuti. È forse l’unico stellato al mondo con un menu degustazione a soli 32 euro. Questo può avvenire perché in cucina v’è il rispetto delle stagioni e suoi prodotti, le materie prime migliori ma avvicinabili a tutti i settori della clientela. Tutto buono e, allo stesso tempo, vendibile. Questa sua “metodologia culinaria” è diventata pure un case history alla Harvard University di Cambridge: professori e dottorandi sono stati due anni a studiare il fenomeno D’O, per poi trasporre tutto il materiale sui libri, per l’approccio al lavoro di Oldani che si può benissimo applicare anche a tutti gli altri settori. Il plus risiede quindi nell’accessibilità e nell’alta qualità, non certo nella cipolla caramellata o altri piatti più o meno famosi. Nello specifico la cucina dello chef Oldani è un felice mistura tra metodo e gusto, che nella pratica gastronomica sono cose molto diverse: nel suo ristorante si può ritrovare il gusto mediterraneo e milanese, ma il metodo di organizzazione e di brigata è francese. In questo modo il gruppo porta avanti qualcosa d’importante! «Io faccio qualcosa che piace a me ma nel rispetto degli altri, se il prodotto non è venduto non è un’idea vincente. È sbagliato realizzare grandi piatti solo per pochi eletti: in questo modo si hanno molti articoli sulle riviste, è vero, ma i clienti si vedono solo col binocolo … Quando il ristorante è pieno, sempre, è motivo d’orgoglio per la mia brigata, lavoriamo sempre meglio!» racconta Davide Oldani, tronfio e sorridente per il suo successo naturale.

La sacralità del lavoro e il rispetto delle regole

Mattinata fresca di primavera, quiete di piccolo paese, un via vai di gente che entra ed esce dal ristorante di Davide Oldani. Tante formiche laboriose ma con gli occhi felici delle cicale piroettano a destra e a manca, apparecchiando, allestendo, pulendo, cucinando, scrivendo, telefonando e, più normalmente, vivendo il semplice lavoro. Se dal 2003 Davide Oldani è sull’onda più mastodontica del successo, ci sarà un fluttuante motivo, anzi due: la sacralità del lavoro e il rispetto delle regole. Se uno si alza alle 6 del mattino e va a letto alle 2 di notte, e non combina niente, è proprio un “ciula”, direbbero i vecchi saggi milanesi, e il carro armato gourmet di Cornaredo lo sa molto bene. Ambrogino d’Oro a 42 anni, scrive libri e collabora da lustri con decine di riviste nazionali, inventa e disegna oggetti di food design per facilitarsi la vita professionale e facendo pure guadagnare le aziende, è a 360° anche testimonial intelligente di innumerevoli brand, è Ambasciatore di Expo Milano2015, ha lavorato a fianco di chef memorabili come Gualtiero Marchesi, Albert Roux, Alain Ducasse e Pierre Hermé, ha il suo ristorante D’O sempre pieno – con una lista d’attesa di quasi 18 mesi! – e ora è anche marito e padre di famiglia. È stato pure studiato alla Harvard University come case history sul metodo e sull’arte dell’accoglienza. Appare invero come un superman dell’alta cucina italiana, un self-made man che si è rimboccato maniche e cervello per esplorare la fatica dei gesti culinari fin dai diciotto anni, anche alzandosi alla mattina alle 5 per cucinare le carni a Le Gavroche di Londra con il quasi coetaneo e compagno di brigata Gordon Ramsey. Svegliarsi presto per ottemperare ai doveri, per rispettare le regole del buon vivere, per poter somatizzare la potenza dell’impegno e della conseguente ricompensa: Davide Oldani ha appreso fin dall’infanzia in famiglia il valore delle regole. «Ricordo che dovevo passare un paio d’ore alla domenica ad aiutare mia madre, per poi andare a giocare a calcio. Praticavo questo sport da sempre, giocavo a calcio in C2 e guadagnavo anche qualche soldino, ma mio padre mi faceva sempre notare che bisognava guadagnarsi la libertà con le regole. Senza regole non si è mai fatto niente! Il gioco va bene, ma dovevo anche rendere conto alla famiglia, aiutare la mamma in cucina, togliere le erbacce nel prato. Testa bassa e lavorare, per guadagnarmi l’indipendenza di agire e vivere i miei sogni». Con questa educazione sana e intelligente, il giovane Oldani ha fin dagli esordi capito come funziona il mondo, ma quello vero fatto di azioni e relazioni con gli uomini, non quello superficiale e fine a se stesso, oppure egoista e godereccio epicureo.

Davide Oldani: Ristorante D'O

Alle porte di Milano, nel piccolo comune di Cornaredo, da 12 anni vive e prospera il ristorante D’O di Davide Oldani, un cuoco imprenditore sempre in movimento, che dopo aver assimilato i precetti culinari dai più grandi chef della storia del Novecento sembra aver trovato l’equazione perfetta della sua filosofia ristorativa: l’accessibilità della “cucina pop”. La storia di un uomo che da un piccolo paese italiano è diventato il case history dell’accoglienza per la Harvard University negli USA, cipolla caramellata e “riso e zafferano” inclusi.
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