
STEFANO CIOTTI
Stefano Ciotti ha gli occhiali azzurri come il mare. Proprio il rapporto intimo e di totale affetto con l’Adriatico lo ha da sempre portato ad affacciarsi, anche nell’ideale di cucina, ad esso, senza però dimenticare tutti gli altri sapori. Nato a Rimini nel 1973, dopo essersi formato all’interno delle cucine di Gino Angelini e Vincenzo Cammerucci, collabora con gli chef Vissani, Vanlangenaeker e Sartini, per approdare al sogno più grande nel 2015: l’apertura del Nostrano, il suo personalissimo ristorante a Pesaro (ovviamente vista mare).


Negli anni Ciotti ha compiuto un’evoluzione naturale, integrando in una cucina legata totalmente ai ricordi anche il significato profondo che porta “una giornata al mare”, diventata il filo conduttore degli ultimi menu degustazione. Come in un concept album per la musica, al Nostrano si compongono portate che evocano la placida distesa di acqua salata, partendo dal Cucciolone al gelato di foie gras e verdicchio passito e dal Pomodoro gratinato del XXI secolo, per arrivare a paste, pesci e carni, spesso in casseruola o potacchio, come si usa da queste parti.
Il rapporto coi primi piatti è inevitabilmente segnante, come racconta, da buon romagnolo, lo chef: «Siamo quattro fratelli e quando la mamma tirava la sfoglia per i cappelletti, tutti i figli si sedevano intorno al tavolo per chiuderli insieme. La domenica mattina era un rito: lei preparava la sfoglia, e noi mettevamo i mucchietti di carne. Erano più quelli che mangiavamo crudi che quelli che effettivamente riuscivamo a chiudere. Per me la pasta ha un ruolo di conforto. Quando concepisco un piatto di pasta, l'obiettivo è trasmettere un senso di godimento e accoglienza. Deve rincuorare il cliente, fargli sentire qualcosa di familiare, ma allo stesso tempo sorprendente».


La pasta, dunque, per il nostro chef, può essere carezza o bomba a mano, con tutta una serie di sfumature. Citando alcuni must, è storico il deflagrante Spaghetto ai ricci di mare con fonduta di pecorino di fossa, che unisce due ingredienti che si ambientano rispettivamente sott’acqua e sotto terra, secondo la teoria “underground”; mentre sono più recenti i Bottoni ripieni con brodetto di triglie e foie gras, zuppa di lumachine di mare, pepe verde in salamoia (da masticare prima, per amplificare le aromatiche) e i Maccheroncini di Campofilone con infuso di pomodoro alle alghe e capperi, cedro grattugiato e fermentato piccante, dalla spiccata tensione acida e quasi elevabili a predessert, per la loro estrema freschezza e pulizia.
Per Barilla al Bronzo, Stefano Ciotti ha scelto di cucinare uno Spaghetto quadrato aglio, olio e peperoncino, con scampi crudi, asparagi di mare e limone fermentato. Il punto di partenza è un grande classico: lo spaghetto aglio, olio e peperoncino. Ha scelto uno spaghetto quadrato per dare più struttura e lo tratta come Marchesi trattava il riso: cuoce e si insaporisce con un olio e burro piccante ricco di umami (ottenuto dalle vongole), poi lo condisce con gli elementi freschi. Ogni boccone restituisce un gusto nuovo, per un piatto mai ripetitivo, come la biodiversità dell’Adriatico, perfetta musa del ristorante Nostrano.

