Manuel Castillo: quando la pasta si trasforma in esperienza cosmopolita

Manuel Castillo è un ragazzone di 29 anni che potrebbe benissimo essere uno dei quei piloni belli tosti in una squadra di rugby di alta serie. In realtà, è lo chef patron de La Ca’ di Sass, a Suzzano di Rivergaro, nel piacentino. Insieme al suo Executive Pietro Maini, si divertono a concepire un fine dining senza freni. Manuel inizia a cucinare in osteria, ma si perfeziona quasi totalmente da autodidatta su questo stile, dopo un periodo a Cà Matile con Andrea Incerti Vezzani. È talmente curioso, il nostro cuoco, che non ha uno stile definibile, ma continua a virare tra il nordico, l’orientale, il francese, il mediterraneo e l’esotico, facendo onore alla sua patria natia, cioè Santo Domingo. Questo cosmopolitismo non porta a una cultura del piatto-firma a tutti i costi, ma lascia galoppare la creatività, con alcuni punti saldi: l’uso del pesce frollato e un dessert, in carta da sempre, chiamato Don’t worry be happy (Cake alle mandorle, chantilly di ricotta, gelato al polline, spuma alla camomilla e tuile all’arancia). E la pasta? Beh, chef Castillo se ne è letteralmente innamorato, o meglio, si è affezionato ai profumi del grano e alla consistenza al dente, cosa sconosciuta a Santo Domingo, dove si stracuoce sempre ogni formato.



Tra una Carbonara e una Aglio, olio e peperoncino, gustate a più non posso e tutt’ora favorite, oggi alla Ca’ di Sass si trovano quasi sempre tutte le tipologie: secca, fresca e gnocchi, anche come omaggio all’Emilia Romagna. Per esempio, in menù si possono scegliere Bottoni ripieni di grana di capra e pecorino, erbe locali (crescioni, ortiche), fragole e fave o Crepes (come ricordo dei nidi di rondine) ripiene di coniglio alla ligure, riduzione di panna, polvere cappero o ancora Gnocchi di pisello, salsa americana (a base di scampo e brodo di pollo), crudo di scampo, aria di mare, salicornia e piselli freschi. Per il progetto al Bronzo, concettualmente, Barilla pensa a una pasta che acchiappi il sugo e chef Manuel voleva che uscisse questa peculiarità nel piatto. Per questo, ha usato due liquidi (sake e acqua di cannolicchi) che esaltassero tale qualità, unendosi all’amido della pasta e aggrappandosi bene allo spaghetto. Nasce così lo Spaghetto quadrato Barilla al Bronzo con cannolicchi, taccole, miso e tagete (foglie e fiore). Viene usato, come base, un olio con aglio e peperoncino infusi, per ricordare la pasta “test” che lo chef usa per esaltare la bontà del grano nelle paste al bronzo, ma anche un imprinting indelebile col fiore del grano, che tanto ha colpito questo ragazzone, appena arrivato da Santo Domingo.


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