Il Sud Italia nella cucina partenopea di Luigi Tramontano
Dal lavoro in team escono piatti di grande elaborazione concettuale, che già si possono considerare signature dishes: come il dentice, marinato con aromi di cannella, ginepro, anice stellato e affumicato con foglie di limoni, arance e tabacco, su una gelatina di lampone e uno yogurt di bufala per l’acidità, il pan brioche alla cannella e la spugna che dà la salinità del mare.
Anche quando la riconducibilità al territorio è evidente, Tramontano non è mai “banale”: gli spaghettoni di Gragnano sono conditi con una crema di alici sottosale, profumati con finocchi croccanti e semi di finocchietto selvatico (di cui è grande estimatore), e accostati a una tartare di pesce azzurro reso ancora più sapido dalla colatura di alici di Cetara e dal limone confit.
D’altro canto, quattro anni di permanenza nella cucina di Iaccarino e del Don Alfonso di Sant’Agata sui due Golfi sono stati una vera e propria esperienza di vita e d’esplorazione della tradizione e dei prodotti campani.
«Da lui tutto era fatto in casa e molto veniva direttamente dall’orto di famiglia. Ogni mattina si andava a raccogliere quello che la stagionalità offriva». E questa è la lezione che si percepisce nei piatti di Tramontano: scomposizione, cotture diverse, consistenze contrastanti e presentazione devono essere al servizio della tradizione e dei prodotti.
Ecco allora che il tonno siciliano, in doppia marinatura (di sale e zucchero e con spezie, cardamomo, anice stellato e finocchietto selvatico), è scottato filologicamente in crosta di pistacchi e accompagnato da gelatina di frutti di bosco per l’acidità e dalla meringa salata alla menta con il suo aroma rinfrescante.
La cucina di Tramontano è squisitamente italiana nella materia prima, parla di mare, ma anche di terra e di montagna, in tutte le declinazione che la nostra Penisola offre; ma poi deroga a nuove sensazioni, perfettamente in equilibrio nel piatto.
Come accade nel petto d’anatra con sentori di ginepro che sfuma elegantemente verso reminiscenze esotiche, accostando la composta di mandarino cinese, fortemente agrumata, e l’aromaticità dello zenzero croccante. Ma non si ferma di certo qui.
Le sue radici campane infatti ritornano preponderanti anche nelle proposte degli altri due ristoranti dell’hotel: l’Orangerie a bordo piscina e il Vittoria. Qui la pizza lievitata con pasta madre, il ragù napoletano e i paccheri con la genovese parlano molto chiaramente di questo territorio gastronomicamente ghiotto e ricco di storia.
Un linguaggio regionale che a volte Luigi Tramontano elabora con accenti molto personali, ad esempio nella variazione di maiale, con le costine stufate (come per il ragù) e il filetto a bassa temperatura, e salsa di finocchietto e friarielli. Perché la vis creativa di questo chef, la sua capacità di entusiasmare il suo giovane team, la sua rincorsa a nuovi traguardi sono un work in progress dal futuro aperto.
Anche quando la riconducibilità al territorio è evidente, Tramontano non è mai “banale”: gli spaghettoni di Gragnano sono conditi con una crema di alici sottosale, profumati con finocchi croccanti e semi di finocchietto selvatico (di cui è grande estimatore), e accostati a una tartare di pesce azzurro reso ancora più sapido dalla colatura di alici di Cetara e dal limone confit.
D’altro canto, quattro anni di permanenza nella cucina di Iaccarino e del Don Alfonso di Sant’Agata sui due Golfi sono stati una vera e propria esperienza di vita e d’esplorazione della tradizione e dei prodotti campani.
«Da lui tutto era fatto in casa e molto veniva direttamente dall’orto di famiglia. Ogni mattina si andava a raccogliere quello che la stagionalità offriva». E questa è la lezione che si percepisce nei piatti di Tramontano: scomposizione, cotture diverse, consistenze contrastanti e presentazione devono essere al servizio della tradizione e dei prodotti.
Ecco allora che il tonno siciliano, in doppia marinatura (di sale e zucchero e con spezie, cardamomo, anice stellato e finocchietto selvatico), è scottato filologicamente in crosta di pistacchi e accompagnato da gelatina di frutti di bosco per l’acidità e dalla meringa salata alla menta con il suo aroma rinfrescante.
La cucina di Tramontano è squisitamente italiana nella materia prima, parla di mare, ma anche di terra e di montagna, in tutte le declinazione che la nostra Penisola offre; ma poi deroga a nuove sensazioni, perfettamente in equilibrio nel piatto.
Come accade nel petto d’anatra con sentori di ginepro che sfuma elegantemente verso reminiscenze esotiche, accostando la composta di mandarino cinese, fortemente agrumata, e l’aromaticità dello zenzero croccante. Ma non si ferma di certo qui.
Le sue radici campane infatti ritornano preponderanti anche nelle proposte degli altri due ristoranti dell’hotel: l’Orangerie a bordo piscina e il Vittoria. Qui la pizza lievitata con pasta madre, il ragù napoletano e i paccheri con la genovese parlano molto chiaramente di questo territorio gastronomicamente ghiotto e ricco di storia.
Un linguaggio regionale che a volte Luigi Tramontano elabora con accenti molto personali, ad esempio nella variazione di maiale, con le costine stufate (come per il ragù) e il filetto a bassa temperatura, e salsa di finocchietto e friarielli. Perché la vis creativa di questo chef, la sua capacità di entusiasmare il suo giovane team, la sua rincorsa a nuovi traguardi sono un work in progress dal futuro aperto.