Gugliemo Chiarapini e Francesco Capuzzo Dolcetta

FEG è l’acronimo di Francesco e Guglielmo, cioè due cucinieri che si sono conosciuti all’ALMA di Colorno e non si sono più lasciati, talmente era forte l’intesa. Francesco Capuzzo Dolcetta (nato nel 1992 a Firenze, vissuto sempre a Roma) e Guglielmo Chiarapini (nato nel 1991 a Roma, ma adottato da Viterbo) fanno parlare di loro per tre entusiasmati anni in cucina da Marzapane, nella Capitale, dove sguinzagliano il loro talento, forgiato da esperienze in Francia (Marco Viganò per entrambi, Mathieu Rostaing-Tayard e Troisgros per Francesco) e nel Belpaese (Andrea Berton e Valeria Piccini per Guglielmo). Nel 2025 hanno condotto con successo il temporary restaurant Ortolan a Milano e sono pronti a ripartire con la cucina itinerante di FEG.

L’idea è di rivisitare la cucina italiana, evitando i campanilismi, tramite gli ingredienti e le culture che incontrano, all’estero come in patria, senza scordare un po’ di classicità. Qualche esempio: i Tagliolini verdi a Bangkok diventano di questo colore grazie alla loro tipica fava odorosa, in Messico l’insalata di pomodori diventa Insalata di papaya con i chapulines (cavallette fritte), il Risotto alla milanese è mantecato col grasso di rognone affumicato, i pesci o le carni, specie alla brace, sono rivestiti da condimenti che ricordano la Francia. In tutto questo cosmopolitismo, si affaccia costantemente pure la pasta, che è stata la prima cosa cucinata in vita sua da Guglielmo (Spaghetti olio, parmigiano e pepe) e l’unico sostentamento da bambino di Francesco, che si nutriva solo di pasta condita con lo stracchino.



Questo legame viscerale con l’ingrediente originato dal grano ha portato i due a declinarlo in modi infiniti partendo dagli
Spaghetti alle sarde, alla Milanese (omaggio a Gualtiero Marchesi: burro, limone e prezzemolo) o alle seppie sporche (omaggio a Luciano Zazzeri), proseguendo con formati e ingredienti inconsueti, che vengono abbinati e regalano emozioni, come le Penne lisce o i Capellini al kefir e grasso di manzo. I nostri vassalli della pasta hanno anche dedicato un paio di stagioni allo studio degli spaghetti freddi, per meglio esaltare la testura degli stessi. Per Barilla al Bronzo, i FEG hanno giocato sui nomi, con gli Spaghetti trafilati al Bronzo fave e “pecorino”. Le fave sono sbianchite, decorticate dalla seconda pelle e frullate in una purea molto fine. Lo Spaghetto è mantecato a freddo con la purea, che sembra quasi una maionese, e poi viene grattugiato sopra finto pecorino, che è in realtà un grasso di pecora filtrato e congelato, in modo da farlo rapprendere. Il gusto è sorprendente, poiché alla vista sembra davvero un formaggio, ma è tutt’altro: il sapore è lungo e persistente, sposandosi bene con l’erbaceo delle fave. Un incontro tanto inconsueto, quanto felice, come quello di Francesco e Guglielmo, che si è amalgamato alla grande, fin dai banchi di scuola.


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