Simone Zanoni: un italiano a Versailles

Nato sul lago di Garda e cresciuto professionalmente alla corte di Gordon Ramsay in Gran Bretagna, è ora uno dei cuochi italiani più importanti in Francia e nel mondo. Dal 2008 è lo chef executive del ristorante Gordon Ramsay Al Trianon di Versailles, due stelle Michelin di pura eleganza e gusto contemporaneo.
Simone Zanoni ha costruito negli anni uno stile culinario tutto suo, fondendo la cultura gastronomica europea, le tecniche francesi e i prodotti italiani. E ora si è pure lanciato in una sua avventura personale, sperimentando con grande successo l’alta cucina kosher al ristorante Rafael di Parigi. Una scommessa ristorativa che è già diventata una realtà efficiente e famosa nella capitale francese. Chef, imprenditore, eterno curioso e nostalgico dei sapori italiani: Simone Zanoni è un cuoco italiano alla conquista di Parigi, un vero orgoglio italico all’estero. L’intervista esclusiva per ItaliaSquisita.

Infanzia e adolescenza tra i sapori dell'Italia… Tre aneddoti legati al cibo in questi importanti periodi della tua vita?

Sono nato a Salò, sul Lago di Garda in Lombardia, e l’infanzia è forse il momento più importante per la mia futura carriera. È qui che si sono create le basi della mia cucina attuale. Mi ricordo i pranzi della domenica dalla nonna Gina, con decine di familiari, zii, cugini, papà, mamma, fratelli e sorelle. Poi mi tornano alla mente i profumi della natura vera quando accompagnavo mio nonno tra i pascoli, il cibo sempre nostrano della fattoria di mio padre, gli ottimi prodotti dell’orto… Insalate stagionali, verdi, rosse e dalle mille sfumature, carni vere, uova ancora calde. Ho avuto cromosomi pregiati in materia gastronomica. Per me il mangiare significa “famiglia unita”, sempre insieme nei giorni festivi. La cucina per me è ricordo.

Gordon Ramsay può essere definito il tuo maestro? Cosa ti ha insegnato?
Ho fatto l’alberghiero a Idro, sempre nel Bresciano, poi ho lavorato quattro anni sul lago di Garda per apprendere i primi rudimenti della cucina reale e palpabile; dopo il servizio militare sono partito per Londra e, passati due anni, ho conosciuto Gordon Ramsay che mi ha formato per altri incredibili dieci anni. La sua forza mi ha forgiato e tuttora ne sento i benefici. Ramsay è stato importante perché mi ha dato fiducia e insegnato le tecniche, mi ha addestrato a essere testardo e cocciuto, mi ha regalato la voglia di insistere e la perseveranza. Ha creduto in me come avamposto gourmet per aprire nel 2008 il Gordon Ramsay Al Trianon a Versailles, la sua nuova sfida in territorio francese: così è stato il primo inglese che è andato a conquistare Parigi. Da lui ho avuto carta bianca fin da subito, ho creato da solo la brigata e la tipologia di cucina. Un inglese che si fida di un italiano sul suolo francese: sembra un gioco, ma è andata effettivamente così.

Italia vs Francia: culture gastronomiche a confronto. Cosa ti piace di entrambe? Cosa non ti piace? Sono poi due cucine così diverse e in opposizione?
Non sono due cucine diverse e opposte, ma complementari. Sono due cucine che hanno la più forte storia e tradizioni importantissime. Io ho avuto l’apertura mentale e la fortuna di averle vissute entrambe. Posso azzardare che la fusione di queste due “gastronomie” potrà dare spinta alla più grande cucina del mondo, quella che oggigiorno in Italia stanno offrendo i grandi tre stelle Michelin come Massimo Bottura, Annie Feolde ed Heinz Beck. Il trucco è semplice: tecniche francesi e prodotti italiani.

Giovanni Passerini, Simone Tondo, Michele Farnesi e altri cuochi italiani che sono "scappati" dall'Italia e hanno trovato fortuna in Francia. Cosa ne pensi di questa "fuga dei fornelli"?
È una fortuna per me e per l’Italia che abbiamo questi rappresentanti all’estero, poiché nel loro piccolo, a uno a uno, stanno cambiando la nostra immagine di cucina facile, casereccia e stereotipata. La stampa italiana dovrebbe parlare di più di questa “fuga dei fornelli” all’estero, poiché questi chef sono personaggi fondamentali per la promozione della stessa cultura italiana fuori dai nostri confini. La storia insegna infatti che all’estero prima c’erano solo le famiglie immigrate dall’Italia e quindi la cucina esportata era quella familiare, spartana, poche cose e molto specifiche regione per regione; ora si stanno diffondendo anche veri e propri chef gourmet, che non solo hanno mostrato le molteplici vesti delle ricette nostrane ma anche fatto conoscere agli stranieri i prodotti d’eccellenza. I turisti, adesso, quando vengono in Italia a mangiare, hanno una cultura più approfondita in materia.   

L'alta cucina italiana può interessare il gusto francese?

Il francese, negli ultimi dieci anni, ha fatto dell’Italia uno dei posti più cercati e ricercati per godersi le vacanze… Toscana, lago di Garda, Milano, Roma, Venezia, Puglia e Sicilia sono le mete più ambite dai turisti transalpini. E di conseguenza conoscono i prodotti fantastici che girano per la Penisola. Adesso capiscono il valore e il sapore della burrata, dei salumi, dell’olio evo, dei dolci, dei singoli ingredienti come il tartufo, approfondendone la conoscenza e cercandone in patria la qualità sempre maggiore. Sono cambiati pertanto anche i fornitori italiani che importano i prodotti in Francia. E il francese li compra con avidità. E infine i ristoranti italiani, che sono ormai di tendenza e adesso sappiamo perché. Lo stesso a Londra. E quindi sì: l’alta cucina italiana sta interessando molto il gusto francese.

E in questo connubio Francia-Italia, come definisci la tua cucina?
Mi influenza tutto ciò che è intorno a me. Mi piace incontrare gente e parlare, scambiare idee e godere della convivialità, fare cose nuove, assorbendo come una spugna. In carta nel 2 stelle Michelin Trianon a Versailles amo in egual misura gli ingredienti italiani, i prodotti della terra, gli insaccati, il formaggio Parmigiano, che in qualche modo rappresentano la mia infanzia, e parimenti gli ingredienti francesi come il foie gras, le carni bovine di Limousine curate e allevate con intelligenza, il branzino all’amo dell’Atlantico, gli astici blu, le ostriche bretoni… Sperimento piatti con l’incredibile burro Bordier dalla Francia e il delicato olio evo del mio lago di Garda. Nel menu ho sempre la pasta fresca, fatta quotidianamente. Qualche esempio di contaminazione? Filetto di sogliola farcita di mostarda di pere mantovana, con crema allo Champagne e biscotti all’amaretto oppure il Raviolo d’astice e scampi della Bretagna. La connotazione italiana è molto forte, e questo piace anche a Gordon Ramsay. È affascinato dalla nostra gastronomia, come tutto il mondo d’altronde! Come un cuoco curioso cerco il meglio delle due cucine: tecnica francese ma elaborata all’italiana. Mi diverto moltissimo.

E com’è invece la cucina nel tuo nuovo “mondo kosher” Rafael a Parigi?
La storia è particolare. Fino a tre anni fa non sapevo nulla della cucina kosher: io non ho alcuna origine ebraica né sono mai cresciuto con i precetti di questa cultura. Tre anni fa appunto, l’imprenditore ebreo Micael Lehani, che frequentava le tavole del Trianon, mi propose di mettermi in società con lui per creare finalmente un ristorante kosher gastronomico a Parigi e dintorni. Era alquanto sorpreso – e anche contrariato – che nonostante la comunità ebraica fosse numerosa nella capitale, non si potesse degustare cibo kosher in maniera creativa, elegante, tecnicamente ineccepibile. Da quel momento, per necessità e curiosità di lavoro, ho approfondito l’argomento sempre di più, cercando gli allevatori e i coltivatori i cui prodotti avessero la “benedizione” dalla Torah ebraica. Al Rafael pertanto si attua una cucina ricercata, nel vero senso della parola: cercare di utilizzare la creatività, con i prodotti regolamentati e rispettando le regole della religione. Per esempio non esistono latticini nelle cucine del Rafael, poiché non si possono mischiare alla carne. Il mio Manzo in tre cotture è uno dei piatti simbolo.

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Tratto da "Simone Zanoni e l'altra cucina italo-francese" di Carlo Spinelli- ItaliaSquisita #23
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