Quella di Nicola Popolizio, nonostante la giovane età, è una storia densa di esperienze, ricca della stessa determinazione con cui dopo la scuola alberghiera decide di lasciare la sua città, Matera, perché troppo stretta, troppo provinciale, troppo legata a un passato affascinante e importante ma pur sempre un passato. Una decisione maturata come scelta di rottura, voglia di affrancamento e di evoluzione, di raggiungimento e conquista di ambiti dove la cucina fosse anche ricerca, cultura, eleganza. Galeotta fu - ed è tuttora, a giudicare dal nome ambizioso del suo ristorante - la cucina gourmet, quella dei ristoranti stellati e delle loro cucine novelle botteghe d’arte rinascimentali, quella dei grandi chef innovatori e quella dei prestigiosi congressi gastronomici internazionali. Quella, insomma, che perseguita e praticata con dedizione, può catapultare nel mondo a misurarsi, confrontarsi, superare e superarsi.
Brucia le tappe, Nicola. Dopo aver completato gli studi nel 2007, è al Kandinsky, il ristorante del Melograno - prestigioso e suggestivo Relais&Chateau pugliese in terra di Bari – il suo primo vero battesimo con i fuochi. Da lì dopo un anno si sposta a Roma, all’Hotel De Russie, dove lo chef Nazzareno Menghini lo introduce in una brigata di una quarantina di cuochi e dove lui in sordina, con umiltà, impara i fondamentali e, soprattutto, capisce il funzionamento e il senso del lavoro di squadra. Dai bassi ranghi alla preparazione dei primi e secondi il passo è breve: Nicola scalpita e si fa notare per le sue capacità, l’abilità nelle preparazioni, la spiccata propensione all’innovazione. Dopo un anno e mezzo chiede e ottiene di poter lavorare all’Alpen Royal di Selva di Val Gardena con lo chef Felice Lo Basso di cui ammira da tempo la cucina.
«Non mi interessava cosa, come e quanto, volevo semplicemente imparare» ricorda riannodando i passaggi cruciali di quegli anni. Finisce in pasticceria, come capo-partita, dove dal perfezionamento delle basi passa ai dessert al piatto, sino a gestire in autonomia le colazioni dell’albergo e i dolci epiloghi di pranzi e cene. Quando dall’Alpen Royal Lo Basso passa all’Unico di Milano Nicola diventa suo sous-chef, gestisce i rapporti con il personale e i fornitori, vive un’intensa stagione di coinvolgimento e responsabilità. «Ero molto provato emotivamente e fi sicamente. Avevo realizzato una parte dei miei sogni ma ne sentivo addosso i segni».
La notizia della malattia del padre arriva come una doccia fredda in questo clima di accelerazione e di grande crescita professionale. Il ritorno forzato a Matera e la decisione di aprire lì un ristorante tutto suo diventano scelta imprescindibile e inscindibile. La curiosità e l’interesse per questa nuova, coraggiosa apertura non vengono però dai suoi concittadini, ma dagli abitanti dei comuni limitrofi – Altamura in primis – e dai turisti che in città convergono tutto l’anno attratti dalla straordinarietà dei Sassi, quei Sassi ai quali Nicola decide di stare vicino scegliendo un indirizzo al tempo stesso prossimo alle arterie commerciali e i palazzi delle istituzioni cittadine.
di Danilo Giaffreda
di Danilo Giaffreda