Il drink, da semplice mezzo per estraniarsi, seppur in modo labile, dalla realtà, diventa un diario di viaggio, un racconto, un ricordo «un cocktail che adesso ho in carta è il mio personale mendacium del Brasile: gin brasiliano, litchi e limone, il tutto servito in questa noce che gli indigeni dell’amazzonia brasiliana usano per bere». Quindi ricerca ed esternazione della memoria risultano le scelte determinanti di Ivan Patruno, ma non sono le sole: il confronto continuo con Giancarlo Morelli e l’essenza stessa del Bulk, presuppongono la presenza continua dell’elemento ”food”. Se un piatto in degustazione deve infatti dare bella mostra dei suoi ingredienti, così deve essere per un drink: ogni sapore deve essere chiaro e diretto, ogni spezia deve essere esaltata, i gusti al palato devono essere nitidi anche se percepiti in momenti differenti. «Dobbiamo trasmettere le nostre emozioni a chi degusta il drink». Emozioni che non si riducono al solo consumo; la riduzione degli scarti, e più in generale la filosofia del no waste, per esempio, è un punto imprescindibile del Bulk: in ogni creazione di Ivan Patruno c’è un ingrediente proveniente dalla cucina. La continua ricerca presuppone un continuo mettersi alla prova, un gioco infinito fra chi propone e chi degusta, «è il cliente che deve decidere, la cosa più importante è l’ospitalità, sia che chieda un bicchiere d’acqua sia che chieda un cocktail tailor made, bisogna che venga accontentato il più possibile». Il continuo discernimento comportamentale, in equilibro fra creatività e comprensione, è la chiave dicotomica fra ciò che piace e ciò che possa piacere. Alcolicamente parlando.
Tratto da: Ivan Patruno, di Marco Polizzi - IS n°34