Ristoranti

Itinerario: Venezia e...

Si scende dal treno e già sul piazzale si è proiettati in un mondo a parte. I ponti e le calle strette e tortuose che svelano ogni momento la commuovente bellezza di questa città. Il nostro itinerario procede ad un ritmo che ognuno di noi farà suo, che ci condurrà tra le delizie gastronomiche della laguna.
Ristorante Glam
Si parte con un'emozione artistica, dal sestriere
Santa Croce, sede dell’antico “luprio”, luogo in cui sorgevano le numerose saline della città, quartiere sede di importanti poli museali come la Galleria Internazionale d'Arte Moderna, il Museo Orientale e il Museo Civico di Storia Naturale. In questo contesto culturale sorge Palazzo Venart, e dall’agosto 2016, al suo interno, anche il ristorante Glam.
La direzione del ristorante è stata affidata dalla famiglia Chang, proprietaria dell’immobile, allo chef-imprenditore tristellato Enrico Bartolini, che in questo luogo intimo e riservato ha deciso di lasciare le redini della cucina al giovane Donato Ascani; una scelta saggia, ripagata fin da subito con due stelle fresche fresche sulla guida Michelin, la numero 8 nella “Galassia Bartolini”.
La cucina di chef Ascani è molto generosa e di una personalità straordinaria; uno dei piatti più ricco di sfumature, e presente nel menu, è il risotto al ginepro, ma quello che va per la maggiore è ciò che più ricorda i sapori cari ai “serenissimi” : seppie affumicate con erbe e servite con un cavolfiore coltivato in terreni biodinamici nella laguna, cotto al cartoccio con vino, aceto ed olio, che regala alla seppia un’acidità straordinaria.
Chef Bartolini parla anche del futuro di Venezia, del quale è fiducioso: «la cosa che io vedo è che chi lavora bene è ben frequentato e rispettato; se noi ci mettiamo la costanza, la città è destinata a migliorare la proposta nella sua totalità».



Osteria Da Fiore
Si arriva a San Polo, uno dei sestieri più piccoli di Venezia per densità demografica, ma tra i più ricchi di bacari, le osterie popolari cittadine.
Tra questi esercizi un ristorante si distingue, conservando dal lontano 1995 una stella Michelin, una delle più longeve della città.
I proprietari, Mara in cucina e Maurizio a curare il servizio, sono originari di Mirano, un comune della terraferma a pochi chilometri da Venezia.
A 20 anni, sposati e con un figlio appena nato, si imbarcano in una sfida: aprire un ristorante.
Cinquant'anni dopo quel ristorante resiste, e il sodalizio lavorativo (e sentimentale) è ancora più vivo che mai. Osteria da Fiore infatti è un luogo fortemente ancorato alle tradizioni veneziane tanto da avere una sala ispirata agli interni di una barca; suona tuttavia inconsueto, oggi, vederlo annoverato tra le stelle della guida rossa Michelin in Italia, forse più incline a premiare negli ultimi anni la creatività e l’innovazione rispetto alla grande cucina della tradizione. Dal 1979, anno di apertura del locale, Venezia è difatti cambiata molto, probabilmente adattandosi a flussi di turismo che hanno inevitabilmente cambiato le consuetudini della città; quello che non è mai cambiato però è il palato dei veneziani, che hanno ancora ricordi fermi e ben noti sui sapori della loro tradizione, e ancora oggi li ritrovano in insegne di prestigio come questa.



Amo

Passeggiando poi tra le calle si arriva al Ponte di Rialto e mentre lo si attraversa ci si può fermare ad ammirare il Canal Grande. Già da qui si può intravedere la prossima meta dell'itinerario. Si giunge infatti in sestiere San Marco, qui c'è uno dei palazzi più antichi di Venezia, il Fondaco dei Tedeschi, chiamato così per essere stato punto d'approdo delle merci trasportate da mercanti provenienti dal centro Europa. Entrando nel palazzo si è subito meravigliati dai quattro piani di arcate che si stagliano verso l’alto, l’impressione è quella di essere entrati in un luogo santo, una cattedrale, difficile immaginare questa struttura nei secoli addietro come uno banale “scalo merci”, ma la Serenissima è sempre pronta a stupire. Al centro del salone, nel punto dove anche la pavimentazione a righe sembra indicare di doversi avvicinare, un bancone e il suo attore principale, Lucas Kelm, il bartender di Amo, locale frutto della collaborazione tra i fratelli Alajmo e il designer Philippe Starck. Lucas ne gestisce il settore bar dal marzo del 2017, con grande entusiasmo e professionalità.
La filosofia di lavoro di Lucas si basa quindi sulla semplicità e sull’abbinamento di cocktail classici a profumi, spezie, frutta e anche verdure, grazie a un’assidua collaborazione con gli chef: «Io sono un bartender ma lavoro con gli chef di Alajmo, sarei stupido a non cogliere l’opportunità di farmi influenzare da loro» rivela fiero.
Quando esce un nuovo menu stagionale al ristorante Amo, Lucas se lo fa sempre mandare in anteprima, per costruire dei cocktail ad hoc che possano essere utilizzati come pairing, anche se «in Italia siamo famosi per il vino, il resto è out, pasteggiare con i cocktail sembra ancora bizzarro». Ma grazie a personaggi come Kelm anche questo aspetto di Venezia sta cambiando.



Hotel Danieli - a Luxury Collection Hotel
Uscendo dal Fondaco s'imboccano molte delle strade più battute dai visitatori che ogni giorno popolano la regina dell’Adriatico: sono infatti circa 200.000 i turisti che vivono quotidianamente la città lagunare. È ufficiale, ci si sta avvicinando alla “zona rossa”. Destinazione San Marco, forse la piazza più bella d’Italia, un regalo fatto dagli uomini, agli uomini. Lasciarsi alle spalle il caffè Florian, i mosaici dorati della basilica e i venditori ambulanti di magliette dal dubbio gusto, per giungere alla nostra prossima meta: sestiere Castello, appena dietro le 5 cupole, nel quartiere meno affollato di tutta la città. C’è silenzio lì, di quelli che mai ci si aspetterebbe a Venezia. Qui non ci sono orde di turisti, negozi di souvenir o cambi valuta, qui ci sono solo abitazioni, forse qualche Airbnb. Siamo vicini all’Arsenale e ai Giardini, se si viene da queste parti, lo si fa per le installazioni della Biennale, per passeggiare su Riva degli Schiavoni, oppure per scoprire uno dei luoghi più iconici di tutta Venezia: l’Hotel Danieli.
La direzione dell’hotel ha deciso, da un anno e mezzo, di affidare il proprio ristorante allo chef Alberto Fol, autore di una cucina unica in cui associa elementi del mare a quelli della montagna. Lui infatti, originario delle Dolomiti bellunesi, cerca sempre di inserire nei suoi piatti dei rimandi alla sua terra natìa, che pur devono conciliarsi con l’attitudine prettamente marittima della gastronomia della laguna. Da questa idea nascono piatti come “capesante alla cacciatora”, uno dei più amati nel menu autunnale.
Ma essere chef di una piazza così importante vuol dire anche caricarsi di molte responsabilità, quelle di tenere alto il buon nome dello storico albergo di cui si è stati chiamati a far parte, rincarate da una città che è già un’aspettativa di per sè, perché quando le persone arrivano a Venezia vogliono sempre vivere come in un sogno.



Trattoria da’a Marisa

Sono 55 le candeline che spegne quest’anno la trattoria Marisa, punto di riferimento della pausa pranzo nel sestiere di Cannaregio. Il ristorante prima era un’osteria, di quelle dove la giornata giocando a carte con i veterani di quartiere viene scandita da qualche bicchiere di vino e qualcosa da mettere sotto i denti. Solo successivamente si è deciso di fare del cibo il fulcro del locale.
La vicinanza all’università lo rende un luogo visitato da una clientela molto eterogenea, qui si possono incontrare professori, studenti e turisti che convivono armonicamente per il tempo di una pausa pranzo, ma anche veneziani, usati da sempre come termometro cittadino per capire l’autenticità di un posto.
E qui di autenticità ce n’è parecchia, tutto viene fatto in casa, dal ragù alla trippa, fino al baccalà mantecato, “fatto a mano, senza macchinetta” tiene a specificare Anna, figlia di Marisa e attuale titolare dell’esercizio.



Lionello Cera

L’Antica Osteria da Cera apre i battenti 53 anni fa, quando la mamma dell’attuale chef Lionello Cera si trasferisce da Vicenza a Lughetto col marito.
Il padre, pescatore, aveva sempre dell’invenduto che il mercato non acquistava, quindi lei decise di aprire il ristorante per utilizzare tutto ciò che gli altri non compravano. Inizialmente il locale era una frasca dove venivano serviti cicheti, i classici assaggi veneziani, poi col tempo il locale prese sempre più le forme di un ristorante, arrivando ad evolversi totalmente 30 anni fa, passando la gestione in mano alla seconda generazione.
Un menu di solo pesce al quale, da circa un anno, si accompagna il “Menu Laguna”, interamente dedicato al territorio circostante; 12 piatti, 10 salati e 2 dolci, con importanti richiami lagunari, da pesci come bosega, rombo non chiodato e soaso, fino al miele di barena.


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