Giuseppe Costa: "una cucina pensata"

«Il grosso bagaglio culturale che mi sono creato in dieci anni di esperienza confluisce oggi nel mio progetto attuale, il ristorante Il Bavaglino. Sono tornato in Sicilia e ho deciso di far approdare qui l’alta cucina, portando avanti il mio progetto in un piccolo centro. Se in questi paesi una volta uscire a cena significava solamente andare a ristorante per essere serviti e abbuffarsi, noto con piacere che oggi le persone capiscono la possibilità di apprezzare piatti diversi dove confluiscono tradizione, ricerca e raffinatezza ».
LA STORIA

Quando racconta di se stesso Giuseppe Costa parla con estrema gioia e consapevolezza per gli importanti risultati raggiunti. Il suo percorso professionale è costellato di incontri importanti e di collaborazioni con veri e propri mostri sacri della cucina. Un carattere pragmatico quello di Costa, che fin da ragazzino si è prefisso un obiettivo e lo ha perseguito. «Io non vengo da una famiglia dove c’era il culto del cibo o dove le donne – mia madre, mia nonna – erano maghe dei fornelli. Arrivato a una certa età ho pensato fosse importante pianificare cosa volevo fare “da grande”. Ho pensato che facendo il cuoco avrei avuto la possibilità di imparare un mestiere e di percorrere la mia strada, anche portando avanti dei progetti personali. Inoltre la Sicilia è un territorio votato al turismo, ho capito che avrebbe potuto essere la scelta vincente per me. Così mi sono iscritto all’istituto alberghiero». Al termine del corso di studi Giuseppe ha sentito l’esigenza di lasciare (temporaneamente) la sua terra di origine per allargare i suoi orizzonti. «Ho semplicemente fatto la valigia e sono arrivato per la prima volta a Milano, dove ho lavorato per una catena di hotel. In seguito, per gli stessi alberghi, mi sono spostato a Bruxelles. Erano i primi anni 2000 e io lavoravo a pochi passi dal Parlamento Europeo. Ricordo che venivano organizzate cene e banchetti per i quali settimanalmente erano chiamati chef stellati da tutta Italia, come Alfonso Iaccarino, Aimo e Nadia… Vedere all’opera personalità di questo calibro mi ha fatto capire che ciò che desideravo fare era alta cucina, o come la chiamo io “cucina pensata”». Come si dice il treno giusto passa una sola volta nella vita. Così Giuseppe non ha avuto nessun dubbio ed è montato in carrozza quando Pino Lavarra gli ha chiesto di seguirlo a Palazzo Sasso in Costiera Amalfitana. Mai stanco e sempre pronto a nuove sfide, in seguito Costa torna a nord passando un anno e mezzo al ristorante Scrigno del Duomo di Alfredo Chiocchetti a Trento e confrontandosi con una nuova tradizione gastronomica e inedite preparazioni. Tutto qui era totalmente diverso: il territorio, le materie prime… E infine, prima di tornare nella “sua” Sicilia, Giuseppe ha passato tre anni nel ristorante milanese di Carlo Cracco.


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LA CUCINA

Parlando della sua cucina, Giuseppe Costa dice che è principalmente basata sul territorio, ma dichiara anche di non essere per forza legato al concetto di chilometro zero. «Sono stato a lungo lontano dalla mia Sicilia, per cui è normale che le mie preparazioni comprendano ingredienti che non sono propri di questa terra. La materia prima principe della mia cucina è il pesce. Mi concentro sul pesce azzurro, un po’ snobbato nella mia zona, sulla rana pescatrice, sul San Pietro. Sono considerati poveri e sono spesso utilizzati per fare brodi, io invece li elevo a portate principali del mio menu. Non ho mai esagerato con schiume, gelatine e cose di questo tipo. Non è che io non le sappia fare, solo ritengo che in questa zona sia meglio puntare sul cibo in sé, sulla sostanza, piuttosto che sugli “effetti speciali”. Preferisco mettere solo un piccolo elemento di creatività pura ». I piatti che ha creato sono tanti e hanno segnato momenti differenti della sua carriera, come l’arancina di cous cous e frutti di mare. Oppure la Nuvola di Cassata, una versione molto alleggerita del tipico dolce locale. «Se dovessi dire qual è il piatto che meglio mi rappresenta parlerei sicuramente della Ricciola scottata, crema di ceci, cipolla rossa e spuma al Nero d'Avola. Un compendio di ciò che amo e il meglio che offre la Sicilia: c’è il pesce che prediligo, il vino regionale per eccellenza, i ceci e il sapore della cipolla in agrodolce».

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