Danilo Ciavattini

Partire, lasciare il paese dove si è cresciuti, fare esperienza e consolidare il know-how, per poi capire il valore di ciò che si è lasciato. Così chiudere il bagaglio culturale acquisito per poter correre a raccontare ai concittadini il territorio.
Il ritorno a casa di Danilo Ciavattini
Danilo Ciavattini, 38enne chef patron dell’omonimo ristorante, ha deciso di tornare a casa, a Viterbo, per celebrare le sue origini. Dopo un’esperienza pluriennale, è  rientrato nella sua città con l’obiettivo di raccontare ciò che più lo emoziona: il bosco e la campagna. Come egli afferma, «a fare lo chef non te lo insegna nessuno» poiché le esperienze sono abbastanza per affinare la tecnica, ma nulla come la messa in pratica delle proprie idee in autonomia è in grado di gettare le basi di una cucina d’autore, da una stella Michelin, riconquistata dopo appena un anno nel nuovo locale. Lo chef costruisce il suo racconto proponendo un menu tradizionale, con prodotti della Tuscia, manipolati al minimo. La storia delle persone si riflette infatti nelle pietanze, la cui creazione inizia dai piccoli allevatori e agricoltori del luogo.
Ciavattini offre un menu a 35 euro, per permettere ai giovani di scoprire un ristorante “diverso e di qualità” da capoluogo di provincia. Il concetto risiede in una struttura del 1500 la cui sala è da lui arredata con elementi che richiamano l’atmosfera rurale. 

Ciavattini e la sua camminata in campagna
I suoi piatti descrivono una camminata in campagna, dove grazie alle condizioni del terreno si può trovare una “patata interrata”, che lo chef riproduce nello stato esatto in cui viene estratta dalla terra, bollita in un brodo di funghi ed erbe aromatiche e presentata su una zuppetta aromatizzata di porcini e ricoperta da questi ultimi e da trombette di morte; poi il viaggio prosegue e arriva una “terra spaccata” da uno strato di panna gelificata, gelato al caramello, una crosta a base di cacao e liquirizia, e i germogli che nascono tra le fessure come segno di rinascita dai maltrattamenti ricevuti. Ma a un tratto inizia a piovere e quell’inconfondibile profumo di terra bagnata si percepisce nel pacchero di Canepina, adagiato su una base di cacio e pepe, dove si poggia un “muschio” di erbe aromatiche liofilizzate e pepe, bagnato da uno spray di bosco dal sentore di tartufo e funghi. Mangiare da Ciavattini è una giovane esperienza boschiva, silvana, quasi primordiale: la campagna di Viterbo, impiattata in modo gastronomico.

Tratto da Danilo Ciavattini di Elio Ciconte IS N° 33

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