Daniele Lippi

“Nella vita bisogna essere sia di bosco che di riviera”. È con questo modo di dire che si può raccontare Daniele Lippi, classe 1990, head chef de Il Convivio Troiani di Roma. Attraverso questa citazione, con la quale rivive con affetto il ricordo del collega Alessandro Narducci, egli vuole dire che in cucina, come nella vita, bisogna sapersi adattare a tutte le situazioni.
Il viaggio di Daniele Lippi
In vicolo dei Soldati, Daniele Lippi è diventato generale, costruendo una carriera da autodidatta seppure al fianco della propria guida. Egli ha approfittato della libertà concessa per poter partire per viaggi formativi. «Volevo essere il migliore di tutti sul pane, sulla carne, sul servizio, sulla chimica...» confida quando parla dei suoi inizi. La grande ambizione di Daniele lo porta al Pavillon Ledoyen di Parigi, sotto il rigore della gestione di Yannick Alléno. L’avventura ad Alinea, a Chicago, è opposta ma è altresì un esempio di gestione di una struttura solida da 3 stelle Michelin. Dedizione ma anche sacrificio: il periodo al fianco di Enrico Crippa gli ha trasmesso il concetto di lavorare tutti per un unico scopo senza la necessità di ostentare la gerarchia. 

Healthy 2.0: la nuova cucina 
A Il Convivio Troiani il giovane head chef romano crea piatti di cucina territoriale, grazie ai rapporti con le piccole aziende agricole, ma è anche promotore del concetto di healthy 2.0 poiché coniuga la bontà alla tradizione ma anche alla salvaguardia del benessere del cliente e minimizza lo spreco. Sotto questo leitmotiv un carciofo diventa un topinambur: delle fettine sottili vengono cotte sottovuoto secondo la tradizione romana, con aglio, prezzemolo e mentuccia, per poi essere fritte con il metodo orientale. L’olio bollente infatti le fa aprire e dorare come petali richiamando la tradizione del carciofo alla giudìa. Alla base sono accolte da una vellutata di topinambur all’olio d’oliva, mentre la riduzione è composta dagli scarti di questo vegetale che si presenta puro e senza additivi. 
Guai a buttare via qualcosa quindi. Come nel caso del piccione che si presenta in molteplici lavorazioni e due uscite: la prima, inaspettata, è creata con le carcasse, da cui proviene il consommé con cappelletti, parmigiano e limone, le alette disossate e fritte, accompagnate da una maionese di rapa, il filetto con cui si è creato un nigiri condito con aceto di lampone, le frattaglie, sotto forma di gelato a stecco coperte di cioccolato e nocciole; la seconda parte è composta dal petto e la coscia, con salsa barbecue alle bacche di Goji. Dal piccione al topinambur, il concetto di Lippi è sempre quello: alta gastronomia ma valorizzando anche le parti di scarto. L'esempio perfetto di dove stia andando la nuova e giovane alta cucina italiana.

Tratto da Daniele Lippi di Elio Ciconte - IS n° 33

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