Chef

Barbara Settembri, ambasciatrice informale della cucina marchigiana

Barbara Settembri ha una concezione del suo lavoro di cuoca come servizio, la tendenza a puntare l’attenzione più sulla felicità degli ospiti che sull’appagamento dell’ego di chef. Nella sua cucina, infatti, c’è una cura della tradizione locale che è quasi gelosa: una volontà di presidiare la riscoperta di “sapori e odori troppo spesso accantonati”.
LA STORIA 
Nella sua cucina c’è una cura della tradizione locale che è quasi gelosa: una volontà di presidiare la riscoperta di “sapori e odori troppo spesso accantonati”, come mi spiega. La Locanda dei Matteri, il ristorante che ha aperto 5 anni fa (“a ventisei anni, nel pieno della crisi economica!”) a Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo, è stato il punto di arrivo di una vita in cucina: nel 2003 si era diplomata all’Istituto Alberghiero di Loreto, l’anno successivo si era iscritta all’Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi nella Reggia di Colorno. Ma le radici della sua passione partono da più lontano: il legame con la cucina risale a quando Barbara era bambina e affiancava mamma e nonna ai fornelli di casa. Questa informazione non vuole essere una nota di colore: è, invece, l’indizio che probabilmente è proprio quella la tappa fondamentale della cucina di Barbara, che rimane legata a quel genere di cucina. «A casa ha sempre cucinato nonna: i cappelletti in brodo, i Vincisgrassi (un primo piatto marchigiano simile alle lasagne al forno), il piccione ripieno… Quando ho aperto il ristorante volevo raccontare il mio territorio, non solo in fatto di materie prime, ma anche dal punto di vista delle ricette della tradizione».

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LA CUCINA

Prendiamo il piccione, che in genere consideriamo l’ingrediente feticcio dell’alta cucina che vuole misurarsi con l’influenza francese: un piatto nobile, costoso, difficile da cucinare. O no? In realtà, come spiega Barbara, «il piccione è un piatto tipico della cucina povera marchigiana: una volta in campagna tutti avevano i colombi. Non è più così, ovviamente, e la maggior parte delle persone adesso associa a questo volatile un’immagine di sporcizia». Barbara reagisce a modo suo all’impopolarità del piccione: in uno dei piatti più simbolici del suo lavoro ne serve il petto con cipolla caramellata, mentre il resto della carne viene trasformato in polpettine: i clienti apprezzano la variante perché non ci si sporcano le mani, e non sono costretti a confrontarsi con le ossa. Il suo lavoro di ambasciatrice informale della cucina marchigiana non conosce confini: nell’ottobre scorso ha rappresentato le Marche alla Settimana della cucina regionale italiana a San Paolo, in Brasile: «è stato bellissimo: ho fatto le olive all’ascolana, la zuppa inglese... Gestire un ristorante è estremamente faticoso. Ma in 5 anni sono cresciuta come cuoca e come persona. Quello che mi auguro per il futuro non sono chissà quali riconoscimenti: spero solo di continuare a far stare bene la gente».

(Tratto da "Talenti d'Italia" di Sara Porro, IS#26)

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