Alessandro Gilmozzi: il bosco nei piatti al ristorante "El Molin"

Lo chef stellato Alessandro Gilmozzi del ristorante El Molin in Val di Fiemme, in Trentino Alto Adige, sperimenta piatti ricercati in cui sono presenti elementi botanici legati al territorio d’origine.
La cucina dello chef Alessandro Gilmozzi, classe 1965, è agganciata alla tradizione culinaria emiliana della madre e a quella trentina del padre. L’amore per le duplici radici traspare chiaramente nel Menu Lo Storico, che custodisce tipicità regionali e declinate attraverso sfumature organolettiche tutte sue. Nascono così i gustosi Tagliolini affumicati, fontal di Cavalese e tartufo nero del Monti Lessini e il delicato Strudel di mele sfogliato, accompagnato da salsa al moscato giallo e semifreddo alla cannella. Lo stile dello chef è classico, baciato da contaminazioni creative, acquisite all’interno delle corti culinarie di Michel Bras e di Alan Ducasse in Francia, dove ha assimilato i segreti dell’alta ristorazione. La sua vera identità emerge nel Menu L’Essenza in cui forgia ricercatezze uniche nel loro genere: prodotti di nicchia sono abbinati ai vegetali del bosco, che fin da piccolo raccoglieva con la zia esperta di botanica e il nonno micologo. Una bella eredità familiare.

Licheni, muschi, bacche, aghi di abete, topinambur selvatici, radici di liquirizia, sambuco, piccoli frutti, aghi e resine di pino sono solo alcuni ingredienti da cui prendono vita invenzioni estroverse, che profumano di natura incontaminata e che hanno reso Alessandro Gilmozzi uno tra gli chef più interessanti del panorama italiano. Ogni piatto del Menù L’Essenza è frutto di una scelta minuziosa, fatta assieme a due botanici di fiducia, basata sulla sperimentazione di ortaggi e piante selvatiche in cucina, per dare nuova luce alle antiche ricette trentine con spunti provenienti anche da fuori regione.

Ogni nota organolettica viene esaltata nel piatto, usando tecniche contemporanee che preservano le caratteristiche distintive della materia prima. Ne è un esempio lo speck ottenuto da maiali nati e allevati al pascolo libero in Italia. La carne è lavorata con sale di Cervia e affumicata con ginepro di montagna per preservarne il sapore “dolce”. Lo chef si rifornisce presso micro-realtà del territorio per far assaporare delle vere unicità ai propri clienti. Si scoprono così la trota marmorata dell’azienda Trota Oro, i cui pesci sono pescati in acqua di risorgiva o i polli di Moroseta di Masotranquillo, allevati in libertà, mangiando anche erbe di montagna. Inoltre, Alessandro usa molto la cacciagione, di cui sfrutta ogni parte dell’animale, mentre, per frutta e verdura si rifornisce presso Terre Altre, una piccola cooperativa in cui ragazzi diversamente abili coltivano specie locali andate quasi perdute e recuperate dalle vecchie generazioni di contadini. Tra le varie rarità salvate, c’è il prezioso fagiolo dorato della Val di Fiemme. Punta di diamante della cucina di El Molin sono senza dubbio i dessert, non troppo dolci, tra cui spicca l’Ice Corteccia, un gelato ottenuto dalla corteccia del pino cembro. Dopo una serie di passaggi di sterilizzazione ed estrazione si ottiene un succo profumato, posto alla base di un gelato vellutato di crema, su cui sono disposti tre tipi di cramble di nocciole selvatiche e foglie di betulla, muschio e mirtilli essiccati. Il tutto è guarnito da un'esplosività di ribes, mirtilli e germogli di muschio. Tra gli antipasti si consiglia la Crudità di pesce temolo, crescione, acetosella, pino o abete, in cui la battuta di filetto di pesce è condita con olio del Lago di Garda, bucce di cetriolo dell'orto e pesto di gemme di abete per dare freschezza al piatto. In chiusura l’acetosella dona la giusta acidità e la polvere di crescione di monte emana un sapore lievemente piccante. Come primo, infine, Alessandro propone un piatto che gli ricorda l’amico Ferron, guru dei risotti, che gli ha fatto amare questa pietanza. Gilmozzi usa il carnaroli di Acquerello e lo abbina a germogli di muschio e alla trota marmorata. I germogli sono messi nel pacojet con acqua di fonte per ottenere una granita finissima, usata nella mantecatura. Un colore verde intenso ammalia lo sguardo, sopra alla composizione viene collocata la pelle dalla trota essiccata e sbriciolata. Il piatto parla da solo non appena si
assapora.

“Da sempre ho creduto che la mia vena artistica non potesse essere semplicemente agganciata a una rivisitazione più creativa delle ricette tradizionali. La passione embrionale per il microcosmo del bosco ha regalato nuove intonazioni alle strofe della mia melodia culinaria. Fin da piccolo il nonno mi faceva assaggiare la resina cristallizzata, che colava dagli alberi. Con la mia cucina ho voluto espandere gli orizzonti culinari, riavvicinando le persone al territorio, facendolo scoprire interiormente, regalando loro emozioni racchiuse nel loro DNA.”

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Tratto da "Il bosco nei piatti stellati dello chef Alessandro Gilmozzi"

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