Scabin, l'alchimista del gusto

Il loop, la perversione culinaria, e le emozioni che puoi provare

«Un giorno accade il loop micidiale che mi ha portato all’attuale evoluzione, partendo dai due elementi “emozione” ed “esperienza”. Sono piovuti dall’alto altri due termini fondamentali nel processo alchemico: trasgressione e perversione. La “trasgressione” è una linea retta che porta a una forma patologica, perché ogni volta si ricomincia da dove si era smesso, aumentandone la dose. La “perversione” è un circolo che riesce invece a reinventare un piacere e quindi a dare ogni volta un’emozione nuova attraverso qualcosa di già conosciuto». La Cotoletta alla Milanese è stata quindi vista e rivista, sezionata, ingentilita, ribaltata, cotta al camino, interiorizzata ed esteriorizzata in più maniere. La perversione golosa si è quindi ripresentata in tutte le sue forme, sempre più buona, sempre più nuova, nonostante fosse la medesima Milanese di fassona. Di solito nella cucina di Scabin si offriva sempre qualcosa di soggettivo e di personale, un particolare piatto realizzato ad hoc dalla mente creativa dello chef; ora sopraggiunge qualcosa di opposto, di oggettivo, un piatto che ogni commensale conosce e ha acquisito nel proprio background gastronomico personale: la cotoletta alla milanese, il normale pomodoro, la melanzana, il brodo, ecc. Il ristorante offre nel menu una proposta oggettiva che va dunque a scontrarsi contro un’analisi oggettiva-soggettiva del cliente: lo chef provoca quindi in modo intelligente e colto, quasi psicoanalitico, ma comunque alchemico al 100%. Chi assaggia questa Fassona al camino infatti si emoziona al quadrato, perché, pur godendo dell’istante, si eccita ulteriormente paragonando la cotoletta alla milanese di Scabin a tutte quelle che ha assaggiato fino a quel momento. In qualche modo il geniale cuoco di Rivoli riesce a divertire, nel senso del “divergere”, e si augura di poter applicare tale alchimia anche alla vita di tutti i giorni: «Sarebbe bello reinventare il piacere anche nella vita, tutti i giorni, ripetendo le azioni e percependo i sapori in modi sempre nuovi e diversi». Ed è così che nascono anche gli spaghetti Black is Black, pasta monograno Felicetti all’alchemica “carbonara”, in cui la curvatura e il colore nero vanno in contrasto cerebrale tra loro rispetto ai normali spaghetti che ognuno è abituato a vedere e mangiare. Questo vuol dire sbanalizzare la pasta! E infine la Fusione a freddo, cioè il dessert composto da 26 elementi ghiacciati che vengono alla fine sciolti dalla semplice mescita di acqua frizzante nel piatto. L’acqua come antimateria gastronomica, come elemento detonatore o catalizzatore che fa partire la fusione, come elemento negativo che innesca un processo positivo. Questo è un piatto che ha fatto impazzire il collega Paolo Lopriore, anch’egli adepto dell’alchimia culinaria. Attendendo il prossimo passo, il mago Davide Scabin si rilassa nel suo castello, tra arte e fornelli, filosofia e metalli, fisicità e misticismo. Al Combal.Zero di Rivoli i metalli grezzi si trasformano in oro. Commestibile, ovviamente.

Piola Kit, Check Salad, e tutto ciò che ti occorre

Ma quando tutto sembra aderire perfettamente al terreno, quando tutto sembra calzare a pennello, ecco di nuovo la roboante alchimia che entra di prepotenza nella testa di Scabin: «Pensare a cosa dà il piacere fa perdere la concezione del gusto, che diventa secondario, quasi scontato; occorre quindi cercare il piacere e l’emozione con l’esperienza, e capire che proprio con l’esperienza essi diventano entrambi ricordo. Avevo bisogno di lavori micrometrici di fresatura alla mia cucina, un cambio di linee e micron per creare una nuova filosofia culinaria. Migliorare 100 particolari dell’1% è meglio che migliorare un particolare del 100%. Io e la mia cucina non andavamo a cercare rischi, ma li andavamo a prendere, i rischi. Questi sono tutti i passaggi che aiutano a sviluppare i concetti. Allora io e la mia brigata siamo ripartiti dal fondo della scala dei campi d’analisi primari, ossia dalla nozione di “ricordo”: si prese dunque come punto di partenza proprio un piatto della memoria di ciascuno, un qualcosa in via d’estinzione nella realtà ma ben radicato negli echi mnemonici della tradizione culinaria del Piemonte: è nato così il Piola Kit!». Nel ricordo di Scabin non si parte più infatti dal gusto degli ingredienti, si parte dalle carte, dalle carte e dal Barbera, dalla bocciofila. La Piola Kit è la vecchia trattoria tipica piemontese ma in miniatura, inscatolata e pronta all’uso del commensale, con le carte mignon della Dal Negro, il peperone con l’acciuga, il tomino al verde, il bollito, la panna cotta. Secondo l’alchimista Scabin il gusto diventa perciò migliore quando c’è un ricordo alla base. La memoria è diventata la panacea della cucina dello chef, la rampa di lancio per proiezioni gastronomiche sempre più innovative. Ma tutto ciò, ancora una volta, non è sufficiente. Nel 2007 arriva un’altra illuminazione, linguisticamente molto esaustiva: “Minchia che buono!”. «Si ritorna a parlare di gusto, da zero. La brigata, capitanata dal sous chef Giuseppe Rambaldi, mi lasciava in bilico, al limite della comprensione e dell’ammutinamento: perché si doveva tornare indietro di nuovo, proprio ora che avevamo toccato la Luna? Risposta: ora avevamo bisogno di fare un nuovo motore per andare su Marte!» Ebbene, nasce il “design di sistema”, il bello e buono, l’essenza del gusto racchiuso in una forma estetica da pelle d’oca. La fatica del cambiar rotta ha partorito Check Salad e Tomato Combal Blend. «Sono cose più da grandi, da adulti. È stato necessario progettare un ricercato design culinario per avere il controllo dei gusti primari!». È stata trovata finalmente la corretta perfezione? Macchè, l’alchimia è sempre in agguato.
Nella foto, Check Salad

Il gusto della forma

Davide Scabin è un alchimista perché intraprende strade e percorsi autonomi, per nulla coerenti a correnti di pensiero, tendenze o a qualsivoglia consorteria. Con le sue idee gastronomiche si è sempre trovato nel luogo sbagliato nel momento sbagliato. «Per me l’alchimia consiste nel vedere una traccia, una linea, seguire l’impulso e credere nella propria evoluzione; perché il più delle volte è bello lasciarsi andare a pensieri vergini e immacolati, senza pregiudizi né indizi da cui partire. Non seguo mai una traccia commerciale ma seguo la mia bussola interna che magari mi porta in una diversa direzione. Bisogna fare quello che si vuole, a prescindere dalle mode. Quando erano in voga il sifone e le schiumette, io non le usavo. Ora queste cose sono ormai gastro-archeologia». Lo chef indigeno di Rivoli vuole fare questo perché il suo pensiero lo porta in questa direzione, fin dall’inizio della sua attività alchemica, il GdF. Il momento del Gusto della Forma viene codificato nel 2000 in cinque campi d’analisi primari (gusto, piacere, emozione, esperienza, ricordo), uno conseguente all’altro. Il “gusto” è quello che normalmente cerca il cuoco, e lì si ferma. Il “piacere” invece non è solo gusto, ma è stimolato da vari contesti (con chi si mangia, dove si è seduti, la tridimensionalità del piatto, ecc.) che dimostrano quanto il gusto non sia necessariamente soltanto un piacere. «Allora mi sono messo giù a investigare nel mondo del piacere, tant’è che qualche giornalista mi ha definito “architetto del piacere”…». Anche se in assoluto si tende al piacere non è detto che questo si tramuti a sua volta in un’“emozione”: reazioni chimiche e fisiche, processi neurali che chiudono e aprono sinapsi, creano correnti elettriche che si trasformano in peli che si rizzano, papille che si eccitano e brividi alla schiena. Le emozioni sono orgasmi che vanno stimolati dalla cucina. «Allora mi sono messo giù a indagare anche nell’universo delle emozioni, cosicché il mio nuovo soprannome diventò “ingegnere delle emozioni”…». I passi successivi sono poi diventati l’esperienza e il ricordo, chiudendo così il ciclo. L’Ostrica virtuale e Cyber Eggs ne sono due splendidi esempi.
Nella foto: Fusione a freddo.

Lo chef pensatore nel castello di Rivoli

Il Castello di Rivoli è un luogo misterioso, perché è la perfetta fusione tra decadenza e nuova architettura. Al suo interno c’è un museo d’arte contemporanea ma ci sta anche un mago della cucina che armeggia tra ingegno e concetti alchemici: il suo nome è Davide Scabin, ed è un puro alchimista del gusto. L’alchimia è un’antica procedura mentale, pre-scientifica, un vetusto approccio filosofico ed esoterico che combina diversi elementi tra loro, siano essi chimici o fisici, artistici o religiosi, metallurgici o mistici, per raggiungere un obiettivo che tenda alla perfezione. Come un alchimista cuciniere infatti, Davide Scabin amalgama le idee e le rende concrete e consistenti, tracciando le orme per una nuova trasformazione, come dal ferro all’oro e dalla minima sostanza all’equilibrio totale. Dal 2000 al 2012 ne è passata di energia nelle cucine del Combal.Zero, come un effluvio di particelle sempre stimolanti, e lo chef è stato ogni volta all’altezza dello stimolo. Altro che alambicchi, sifoni e altri oggetti così di moda tra i cuochi contemporanei, qui si parla di reali approfondimenti di filosofia culinaria! Di genuino stampo scabiniano.
  • DAVIDE SCABIN
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